La Procura di Palermo ha chiesto l’applicazione di misure cautelari nei confronti di Salvatore Cuffaro, Saverio Romano e di altre 18 persone

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AgenPress. La Procura della Repubblica di Palermo ha chiesto l’applicazione di misure cautelari — in particolare gli arresti domiciliari — nei confronti di 18 indagati, fra i quali l’ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro e il parlamentare del gruppo Noi Moderati Saverio Romano.
Le accuse che vengono loro contestate sono: associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione.
Secondo l’accusa, l’indagine riguarda appalti — in particolare nel settore sanitario e delle opere pubbliche in Sicilia — che sarebbero stati pilotati mediante una rete di relazioni politiche, nomine e favori.

Salvatore Cuffaro — già presidente della Regione Sicilia — è indicato dai pm come parte di un «comitato d’affari occulto», che avrebbe agito attraverso il condizionamento di gare d’appalto, nomine e procedure amministrative, al fine di favorire imprese «amiche» e rafforzare il proprio consenso politico.
Saverio Romano — ex ministro dell’Agricoltura e attualmente deputato — risulta coinvolto nella stessa indagine per gli appalti e per gli stessi reati (associazione per delinquere, turbativa d’asta, corruzione). Per lui, trattandosi di parlamentare, si dovrà valutare l’autorizzazione a procedere.

Le perquisizioni sono state effettuate dai militari del ROS – Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri su ordine dei pm, nell’ambito della richiesta delle misure cautelari.
Dopo la notifica dell’invito a comparire davanti al gip per interrogatorio preventivo, sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se accogliere la richiesta di arresti domiciliari per Cuffaro e gli altri, e per Romano se si dovrà chiedere l’autorizzazione a procedere al Parlamento.
L’inchiesta, data la rilevanza dei nomi coinvolti, potrebbe avere un forte impatto politico-giudiziario in Sicilia e più in generale sul rapporto tra politica, amministrazione pubblica e appalti.

Salvatore Cuffaro dichiara: «Ho ricevuto avviso di garanzia, ho fornito massima collaborazione, sono sereno e pronto a chiarire la mia posizione».
Saverio Romano: «Apprendo dalla stampa della richiesta della procura, non ho ricevuto alcuna comunicazione. Sono tranquillo e a disposizione della magistratura».

L’inchiesta tocca un settore strategico quale quello degli appalti pubblici, che negli ultimi anni è diventato uno dei fronti più sensibili di vigilia per trasparenza ed efficacia dell’azione pubblica.
Il fatto che siano coinvolti esponenti politici di primo piano rende l’operazione non solo giudiziaria ma anche di forte rilevanza per la fiducia istituzionale.
Il risultato dell’interrogatorio e della decisione del gip (e del Parlamento, nel caso di Romano) costituirà un passaggio cruciale: non solo per la tutela degli indagati, ma anche per il messaggio che dà lo Stato sulla lotta alla corruzione negli appalti.

Se gli arresti domiciliari verranno concessi, potranno emergere nuovi dettagli sull’organizzazione interna del presunto «comitato d’affari» e sulla mappa dei rapporti tra imprese, enti pubblici e politica.
Si apre la partita dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Romano, che richiede una decisione parlamentare: il confronto fra politica e magistratura sarà inevitabile.
La vicenda può spingere a riflessioni più ampie sulla prevenzione delle irregolarità negli appalti regionali, sulle modalità di nomina dei dirigenti pubblici e sul controllo delle gare.

L’indagine sui presunti appalti truccati della Procura di Palermo rappresenta un caso di rilievo che coinvolge figure politiche di primo piano come Salvatore Cuffaro e Saverio Romano. Se le accuse saranno confermate, si tratterà di un colpo significativo al sistema di relazioni che la magistratura ipotizza abbia condizionato gare, nomine e procedure in Sicilia. Dal versante opposto, gli indagati affermano la propria disponibilità a chiarire la posizione e la fiducia nel lavoro degli organi inquirenti.

 

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