“Dignitas infinita”. “L’aborto è l’uccisione deliberata e diretta di un essere umano”

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AgenPress – “Il magistero ecclesiale si è sempre pronunciato contro l’aborto. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita”, l’analisi del Dicastero, secondo cui “di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno”.

A ribadirlo è il Dicastero per la Dottrina della Fede, nella Dichiarazione “Dignitas infinita”, in cui si denuncia che oggi, “nella coscienza di molti”, la percezione della gravità dell’aborto “è andata progressivamente oscurandosi”.

Nel caso dell’aborto, si fa notare nel testo, “si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di interruzione della gravidanza, che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita” . I bambini nascituri, infatti,  sono “i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”.

Di qui la necessità di “affermare con ogni forza e chiarezza, anche nel nostro tempo, che questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno”.

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