AgenPress. La Lombardia, con circa 3.000 infermieri che ogni anno abbandonano il servizio sanitario regionale tra pensionamenti, contratti libero-professionali e partenze verso l’estero, è oggi l’epicentro dell’allarme nazionale sulla carenza di professionisti sanitari. Svizzera (l’isola felice a due passi) e Paesi del Golfo – in particolare Dubai, Arabia Saudita ed Emirati Arabi – rappresentano le destinazioni più ambite, mentre le stesse università lombarde registrano cali nelle immatricolazioni ai corsi di Infermieristica.
Una fuga che riguarda tutta Italia
Il fenomeno non si limita alla Lombardia: l’emorragia di professionisti è ormai nazionale. Nel solo 2024 hanno lasciato il servizio sanitario oltre 13.000 infermieri tra pensionamenti, dimissioni volontarie e trasferimenti all’estero, con picchi in Lazio, Veneto, Piemonte e Campania.
Sul fronte medico, nello stesso anno si sono registrate più di 5.000 uscite dal sistema pubblico, tra pensionamenti anticipati e contratti accettati all’estero. A livello complessivo, secondo elaborazioni su dati ministeriali e ordini professionali, circa 18.500 professionisti sanitari hanno abbandonato ospedali e strutture italiane in un solo anno.
Le università segnalano inoltre un calo di immatricolazioni nei corsi di area sanitaria, soprattutto Infermieristica: in diversi atenei i posti banditi restano scoperti, alimentando un ricambio generazionale insufficiente rispetto ai bisogni del sistema.
A nome di AMSI – Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, UMEM – Unione Medica Euromediterranea, AISC_NEWS e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, interviene il Presidente Prof. Foad Aodi, presidente e fondatore delle suddette associazioni e movimenti, medico fisiatra, giornalista internazionale, divulgatore scientifico ed esperto in salute globale, Direttore di AISC_NEWS, membro del Registro Esperti FNOMCeO, quattro volte consigliere dell’OMCeO di Roma, docente dell’Università di Tor Vergata, membro della FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana e dell’Associazione Stampa Romana, iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio.
La concorrenza europea sugli stipendi
Il richiamo dell’estero non viene solo dai Paesi del Golfo. Germania, Belgio e Regno Unito, impegnati a ricostruire i propri sistemi sanitari dopo le crisi degli ultimi anni, hanno alzato sensibilmente gli stipendi di ingresso e i pacchetti di welfare per medici e infermieri, rendendo più competitivo il reclutamento. Un infermiere in Germania guadagna in media tra i 2.800 e i 3.200 euro netti al mese, contro i 1.700–1.800 italiani; un giovane medico in Inghilterra può partire da 4.000 euro netti, con prospettive di carriera rapide e programmi di specializzazione retribuiti. Questa forbice contribuisce ad alimentare la fuga, soprattutto dei professionisti più giovani.
Il rischio di perdere anche i professionisti stranieri in Italia
Un altro fronte critico riguarda i medici e gli infermieri di origine straniera che già lavorano in Italia. Secondo le indagini AMSI, circa il 75% è confinato nel settore privato a causa di barriere burocratiche e ritardi nel riconoscimento dei titoli, nonostante molti abbiano anni di esperienza nelle nostre strutture. Una parte crescente di questi professionisti valuta di lasciare l’Italia per trasferirsi in Paesi che offrono percorsi più rapidi di inserimento e stabilizzazione. Una doppia perdita per il nostro sistema: non solo non si valorizza chi ha già scelto di restare, ma si rischia di assistere a una nuova ondata di partenze che indebolirebbe ulteriormente i servizi sanitari.
Dati aggiornati AMSI-UMEM-UNITI PER UNIRE AISC NEWS
Dal 1° gennaio 2023 al 30 settembre 2025, l’AMSI ha ricevuto 21.500 richieste di informazioni da professionisti sanitari interessati a trasferirsi all’estero. Un trend in continua crescita, che evidenzia l’insoddisfazione di medici, infermieri e altri operatori sanitari italiani.
• Medici: 11.600 (54%)
• Infermieri: 6.650 (31%)
• Altri professionisti sanitari: 3.250 (15%) (Fisioterapisti, farmacisti, dietisti, podologi, nutrizionisti, tecnici di laboratorio e di radiologia)
Le regioni più colpite restano Lazio, Lombardia, Veneto, Piemonte e Campania, ma le richieste arrivano da tutte le aree del Paese.
Le destinazioni preferite
Il 95% delle richieste riguarda i Paesi del Golfo (Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar), dove i contratti sono più competitivi, gli stipendi fino a tre volte superiori e le opportunità di carriera maggiori. Seguono Svizzera, Germania e Paesi Bassi, mete sempre più frequenti tra i giovani infermieri e medici specialisti.
Le cause principali della fuga
• Medicina difensiva (42%): la paura di denunce e procedimenti legali limita l’autonomia clinica.
• Aggressioni e insicurezza (32%): più della metà dei professionisti riferisce episodi di violenza subiti.
• Sovraccarico e scarsa valorizzazione: turni massacranti, stipendi fermi, pochi riconoscimenti professionali.
• Opportunità negate: chirurghi giovani costretti a restare terzi o quarti operatori in Italia trovano all’estero possibilità di crescere come primi operatori.
Le altre cause della fuga
Oltre ai fattori economici e organizzativi, pesano anche la mancanza di coinvolgimento dei professionisti sanitari nelle decisioni e nei processi di organizzazione delle strutture, la sfiducia verso una politica che promette ma non investe davvero nella sanità, e il sottofinanziamento cronico delle risorse pubbliche negli ultimi anni.
Un altro elemento critico è il crescente disaffezionamento dagli Albi professionali, con una partecipazione elettorale sempre più bassa rispetto al passato, segno di un indebolimento del legame rappresentativo. A ciò si aggiunge la necessità di rendere gratuiti i crediti ECM, evitando di trasformarli in strumenti punitivi: tutti i professionisti della sanità, compresi quelli di origine straniera, rispettano già i percorsi formativi, che devono essere garantiti secondo il principio dell’equilibrio tra diritti e doveri.
Il quadro europeo e globale
La carenza di professionisti sanitari non è solo un problema italiano. Secondo la Commissione Europea, entro il 2030 in Europa mancheranno circa 1,8 milioni di operatori sanitari, tra medici, infermieri e altre figure. In questo scenario, i Paesi che non investiranno sulla valorizzazione del personale rischiano di perdere competitività e capacità assistenziale rispetto ai partner.
Il costo della formazione e l’impatto economico
Formare un medico in Italia richiede in media tra i 150 e i 200 mila euro di investimenti pubblici tra laurea e specializzazione. Ogni fuga all’estero non rappresenta solo una perdita professionale, ma anche un’emorragia economica per lo Stato. Con oltre 21.500 richieste di trasferimento in meno di tre anni, il rischio è di disperdere miliardi di euro di risorse investite senza alcun ritorno per la collettività.
Le ricadute sui cittadini
La carenza crescente di personale sanitario si traduce in liste d’attesa sempre più lunghe, pronto soccorso in affanno e reparti che rischiano di chiudere. I cittadini, già provati da anni di emergenze, si trovano di fronte a un sistema meno accessibile e meno sicuro, con il rischio di compromettere la fiducia stessa nella sanità pubblica.
L’appello del Prof. Aodi
«L’Italia sta perdendo i suoi talenti migliori – afferma il Prof. Aodi –. Ogni professionista formato qui che parte è un investimento pubblico che emigra. Non possiamo più aspettare: servono politiche di retention, stipendi adeguati, percorsi di carriera chiari e maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. È necessario anche un piano nazionale per incentivare il rientro di chi è già all’estero. Senza azioni concrete, il nostro sistema sanitario rischia di perdere nei prossimi tre anni un altro 30-35% di forza lavoro sanitaria, con conseguenze gravissime sulla qualità delle cure e sulla salute dei cittadini».
