Secondo incontro formativo organizzato da Factorya e GiULia giornaliste
AgenPress. Un anno dopo, i numeri non cambiano. Oltre cento donne uccise nel 2024 secondo i dati del Viminale, e già 85 vittime nel 2025 registrate dall’Osservatorio di Non Una di Meno. La violenza di genere in Italia resta una ferita aperta, che resiste a leggi, campagne e piani straordinari.
Il 19 novembre, nello spazio Zalib/Factorya di Roma, torna l’appuntamento “Violenza di genere: a che punto siamo”, un incontro di formazione e confronto promosso da Factorya e GiULia Giornaliste, per riflettere sul ruolo dei media, della cultura e delle politiche pubbliche nella lotta contro la violenza patriarcale.
Leggi e contraddizioni: tra riforme e realtà– Dal Codice Rosso al braccialetto elettronico, fino al recente disegno di legge – già approvato dal Senato – che introduce il reato autonomo di femminicidio con pene fino all’ergastolo, l’Italia continua a intervenire sul piano normativo. Tuttavia, la legislazione appare frammentata e disallineata rispetto alle esigenze dei centri antiviolenza. A ciò si aggiunge la scarsa partecipazione di chi lavora quotidianamente sul campo: operatrici, attiviste e professionistə spesso escluse dalla stesura del Piano nazionale antiviolenza. Una distanza che rischia di svuotare di senso anche i provvedimenti più ambiziosi.
Media e linguaggi: oltre la cronaca nera– Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, il dibattito pubblico ha assunto toni politici e generato una profonda riflessione sociale. Ma col passare del tempo, la narrazione torna spesso nei confini della cronaca nera, intrappolata in stereotipi di genere, linguaggi ambigui e titoli sensazionalistici.
Il lavoro delle e dei giornalisti diventa quindi cruciale: raccontare la violenza senza riprodurla, riconoscere gli stereotipi e proporre nuove prospettive di analisi, perché la violenza di genere non è un fatto privato, ma una questione politica e strutturale.
Uno sguardo internazionale: la violenza normalizzata- Nel panorama globale segnato da guerre, conflitti e crisi umanitarie, la violenza sembra ormai normalizzata e desessualizzata. Gli attori della violenza scompaiono dal racconto, mentre le vittime restano anonime.
Quando la guerra diventa sfondo quotidiano, anche i femminicidi rischiano di apparire come “effetti collaterali”. È qui che il racconto mediatico deve interrogarsi sul valore politico delle parole e sulla responsabilità di restituire voce e identità alle soggettività ferite.
Cultura, educazione e identità: la sfida del cambiamento– Il cambiamento passa attraverso la cultura, l’educazione sentimentale e sessuale, la costruzione di nuovi immaginari. Parlare di affettività e rispetto oggi significa scardinare la visione patriarcale delle relazioni, interrogarsi sulle identità e promuovere uno sguardo trasversale sui fenomeni sociali.
L’educazione e la comunicazione diventano così strumenti concreti di prevenzione, a partire dalle scuole e dai media.
Laboratori pomeridiani: raccontare diversamente– Nel pomeriggio, i laboratori tematici offriranno spazi di confronto pratico su linguaggi, rappresentazioni mediatiche e narrazioni televisive. Dal modo in cui i telegiornali raccontano la violenza sulle donne alle rappresentazioni delle soggettività LGBTQIA+, l’obiettivo è analizzare criticamente il racconto mainstream e costruire nuove pratiche narrative, inclusive e consapevoli.
Perché questo incontro– “Violenza di genere: a che punto siamo” non è solo una domanda, ma un appello a ripensare collettivamente la responsabilità del racconto, riconoscendo gli stereotipi e trasformandoli in strumenti di consapevolezza. Solo così il giornalismo, la cultura e la società civile potranno contribuire a un vero cambiamento.
Appuntamento:
19 novembre 2025 – Zalib/Factorya, Via della Penitenza 35 – Roma
Ore 9.00-13.00 sessioni formative | Ore 14.00-16.00 laboratori pratici
