Codici: la magistratura non può sostituirsi ai genitori, basta interferenze nella vita familiare

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L’associazione critica la decisione del Tribunale di togliere i bambini alla “famiglia del bosco”


AgenPress. L’associazione Codici esprime la propria più ferma e indignata censura verso l’intervento del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila nella vicenda dei tre minori residenti nei boschi di Palmoli (CH). Per la bimba di 8 anni ed i due gemelli di 6 è stato disposto l’allontanamento urgente, con sospensione della responsabilità genitoriale e collocamento in una casa-famiglia. Un intervento che, ancora una volta, si caratterizza per una tracimazione del ruolo della magistratura e per un’ingerenza sempre più pericolosa nella sfera della vita familiare e dell’autonomia educativa dei genitori.

“Il provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale adottato dai giudici minorili – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – si inserisce in un trend ormai consolidato: la progressiva erosione del principio di non interferenza dell’autorità giudiziaria nelle scelte esistenziali e educative operate nell’ambito della famiglia.

Registriamo con preoccupazione l’invasione di campo della magistratura su un tema, quello della famiglia, su cui le era precluso l’intervento, essendo il nucleo fondamentale di libertà personale. In passato entrava in situazioni di abusi e violenza, mentre in questa vicenda si sostituisce alle idee dei genitori, per quanto criticabili possano essere. La giurisprudenza costituzionale e convenzionale riconosce da decenni che la responsabilità genitoriale rientra nella sfera di libertà personale e familiare.

Nel caso di Palmoli, invece, l’intervento giudiziario appare motivato da dichiarazioni di principio altisonanti, come la tutela generica del ‘diritto alla vita di relazione’, ma privo di un concreto accertamento di un pregiudizio attuale e irreparabile, trasformando un potere eccezionale in una sanzione verso uno stile di vita non conforme alla cultura dominante. Si assiste sempre più spesso al fenomeno per cui la magistratura minorile, lungi dall’applicare criteri giuridici, impone un modello educativo e culturale unico, giudicando inadeguate tutte le scelte familiari che non coincidono con la mentalità ‘standardizzata’ della società urbana, tecnologica e iper-regolamentata.

Nel caso di specie, la scelta di vivere in un ambiente naturale, di praticare l’educazione parentale e di adottare uno stile di vita ecologico ed essenziale, viene trasformata illecitamente in un indice di ‘pregiudizio, senza che vi siano episodi di maltrattamento, né violenze, condizioni igieniche o sanitarie tali da integrare un pericolo attuale e concreto. Il concetto di ‘maltrattamento esistenziale’ evocato da certa giurisprudenza minorile si traduce nella possibilità, sempre più ampia, di commissariare le famiglie sulla base di scelte non mainstream.

Una deriva gravissima e incompatibile con lo Stato di diritto. L’esperienza giudiziaria mostra come la formula della ‘tutela del minore’ sia divenuta un contenitore elastico, impiegato per giustificare interventi punitivi, sproporzionati e privi di effettiva base probatoria. È sufficiente osservare l’andamento marcatamente punitivo di una parte della giurisprudenza verso i padri nelle controversie familiari, la persistente ottusità interpretativa con cui si presume, senza adeguata istruttoria, che uno stile educativo non conforme sia di per sé lesivo, ed il frequente uso delle misure limitative della responsabilità genitoriale come forme di pressione e adeguamento culturale.

In questo contesto, il caso dei fratellini di Palmoli rappresenta l’ennesimo episodio in cui l’intervento giudiziario non serve a proteggere i minori, ma a normalizzare una famiglia che non accetta modelli educativi convenzionali. L’allontanamento, pur gestito in forma non traumatica, rimane un provvedimento invasivo, irreversibile nei suoi effetti psicologici, ammissibile solo come extrema ratio.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte condannato l’Italia per analoghi abusi, ribadendo che la separazione del minore dai genitori è ammissibile solo in casi eccezionali e comprovati, la misura deve essere proporzionata, ogni allontanamento arbitrario viola l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Nel caso di Palmoli, la motivazione ruota intorno a valutazioni astratte, non a fatti specifici: il rischio sismico, la mancata abitabilità, le carenze strutturali, le vaccinazioni non completate, non costituiscono automaticamente pregiudizio grave per il minore né giustificano una sottrazione forzata a un contesto affettivo solido e non violento. Questa vicenda dimostra una tendenza ormai sistemica: la magistratura minorile, dotata di poteri amplissimi e scarsamente controllabili, interviene sempre più frequentemente in ambiti preclusi, incidendo sulla vita familiare con un protagonismo non previsto dalla Costituzione.

Si può condividere o meno lo stile di vita dei genitori di Palmoli, ma il dissenso culturale non giustifica l’invasione giudiziaria. È necessario limitare per legge la discrezionalità delle corti minorili, introdurre criteri stringenti di accertamento del pregiudizio, fondati su prove medico-psicologiche e non su opinioni, rafforzare i controlli sulle decisioni dei tribunali tramite sezioni specializzate di appello, garantire una reale applicazione del principio di sussidiarietà: prima di privare i genitori dei figli, si devono adottare misure meno invasive.

La vicenda di Palmoli è l’emblema di un sistema che rischia di trasformare i giudici minorili in ingegneri sociali, pronti a sostituire la propria visione culturale a quella dei genitori. Ribadiamo che la famiglia è un luogo di libertà, non un settore da normalizzare tramite provvedimenti d’urgenza. La magistratura deve uscire dalle interferenze indebite, rispettare la Costituzione e limitare il proprio intervento ai soli casi in cui vi sia un danno reale, serio e comprovato per il minore. Continueremo a vigilare e a intervenire in tutte le sedi competenti affinché simili abusi non restino senza risposta”.

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