Lo ha annunciato su Facebook la fondatrice dell’organizzazione benefica Save Ukraine, l’inviata del presidente ucraino per i diritti dei bambini (2014-2021), Mykola Kuleba.
“I bambini hanno finalmente incontrato le loro famiglie dopo una lunga separazione. Alcuni di loro non si vedevano da quasi due anni. I genitori avevano lottato per mesi per riprenderne alcuni mentre i russi cercavano di trasferirli in un centro di riabilitazione. Per fortuna, queste sperimentazioni sono finite e ora tutti questi bambini sono al sicuro.”
Kuleba ha detto che questa è stata la quindicesima missione di salvataggio di Save Ukraine, aggiungendo che “in totale, siamo riusciti a riportare 231 bambini ucraini dalla Russia e dai territori temporaneamente occupati”.
La deportazione dei bambini ucraini è stata la ragione per cui la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso il 17 marzo 2023 un mandato di arresto nei confronti del commissario per i diritti dei bambini del presidente russo, Maria Lvova-Belova, e dello stesso Vladimir Putin.
“In tutto ci sono ancora 19mila bambini ucraini in Russia, deportati contro la loro volontà”, ha ribadito la first lady Olena Zelenska parlando al Consiglio d’Europa. “Di questo passo ci vorranno 50 anni per riportarli tutti in Ucraina”. Lo scorso settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Zelenska aveva lanciato un appello a riportare in patria i bambini ucraini condotti con la forza in Russia, per essere indottrinati e privati della loro identità nazionale. In quell’occasione la first lady ucraina aveva affermato che che più di 19mila bambini ucraini erano stati trasferiti con la forza o deportati in Russia, o nei territori occupati, sottolineando che fino ad allora ne erano stati riportati indietro solo 386.
Zelenska ha poi sottolineato che la Russia deve essere “obbligata” a rispettare la Convenzione di Ginevra e fornire la lista con le generalità dei bambini rapiti. La first lady ucraina ha raccontato anche alcune storie personali di chi è stato riportato in Patria, come quella di Bogdan. Rapito quando aveva 17 anni dopo l’assedio della sua Mariupol, ha compiuto 18 anni in Russia e a quel punto è stato reclutato nell’esercito e mandato a combattere in Ucraina.
Bogdan alla fine è stato liberato grazie a una sorta di “operazione speciale”, che ha coinvolto diversi Paesi e istituzioni. Ed è così per ogni bambino o ragazzo portato in Russia, assicura Zelenska, ecco perché si va molto a rilento.