Il fallimento del reddito di cittadinanza. Due percettori su tre non lavorano

AgenPress – Pasquale Tridico ha dovuto ammettere la sconfitta. Numeri alla mano non si può parlare di niente di diverso, nel momento in cui ci si riferisce al reddito di cittadinanza. La misura avrebbe dovuto permettere di trovare un lavoro a molte persone, ma due beneficiari su tre non sono al momento rioccupabili. In altre parole il 66% di quanti stanno percependo il sussidio se ne stanno a casa: il lavoro non è una priorità. Certo, la pandemia ha congelato molte situazioni ed è difficile riuscire a ricollocarsi in questi mesi. Moltre di queste persone, oggettivamente, non avrebbero nemmeno i requisiti per essere ricollocate in un momento in cui il mercato del lavoro tirasse e cercasse nuovo personale.

Se una persona non ha gli strumenti professionali per essere ricollocato sul lavoro, a poco serve fornirgli un sussidio per starsene a casa. Obbligalo a fare dei corsi di formazione, ad aggiornarsi, a riqualificarsi: i mesi della pandemia sarebbero stati spesi per creare un lavoratore non dico altamente specializzato, ma almeno con un profilo spendibile sul mercato del lavoro. Se hanno studiato con la didattica a distanza i bambini in questo anno e mezzo, a maggior ragione potevano farlo degli adulti spinti dalla volontà di rientrare nel mondo del lavoro.

Illustrando il rapporto annuale sull’attività dell’Istituto di previdenza ha spiegato che due beneficiari su tre dell’assegno sociale non sono immediatamente rioccupabili.  Probabilmente non ha nemmeno i requisiti per essere impiegato per situazioni oggettive ma l’ammissione di Tridico conferma quanto chiaro dall’inizio. E cioè che il “Reddito” in realtà è stato sempre uno strumento di sostegno alla povertà. Un beneficio economico sacrosanto per aiutare chi si trova in uno stato di difficoltà ma sempre spacciato dalla politica del M5s come uno strumento di inserimento lavorativo. Niente di più lontano dalla realtà.

I due terzi dei 3,7 milioni di beneficiari della misura, pari quindi a 2,4 milioni d’individui, non risultano presenti negli archivi Inps degli estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019, e sono quindi distanti dal mercato del lavoro “e forse non immediatamente rioccupabili” ha spiegato Tridico. Il restante terzo, che invece risulta presente, rivela in media un reddito pari al 12% delle retribuzioni annue medie dei lavoratori del settore privato in Italia, e solo il 20% ha lavorato per più di 3 mesi nel corso del periodo precedente all’introduzione del sussidio, dipingendo quindi un quadro di considerevole esclusione sociale per gli individui coinvolti dalle misure.

“Il principale obiettivo del Reddito di cittadinanza, che è un reddito minimo a tutti gli effetti, rivolto anche ai lavoratori (un quarto dei percettori ha un lavoro),è il contrasto alla povertà“, ha detto Tridico, spiegando che “la occupabilità dei percettori, purtroppo, è molto scarsa. Un gran numero di beneficiari di reddito o pensione di cittadinanza – una misura la cui erogazione è pari in media a 552 euro per intero nucleo familiare – è costituito da minori (1.350.000), disabili (450.000), persone con difficoltà fisiche o psichiche non percettori di pensioni di invalidità, oltre a circa 200.000 percettori di pensione di cittadinanza. La distribuzione geografica dei beneficiari – più al Sud e nelle isole che al Nord, con in testa la Campania – per Tridico “non si tratta di un dato particolarmente sorprendente dato che queste regioni sono caratterizzate da bassa occupazione e forte incidenza della povertà“.

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