Agenpress – La Corte d’Assise di Macerata ha condannato all’ergastolo Muhammad Riaz per l’omicidio volontario della figlia 19enne Azka Riaz. L’imputato, inizialmente accusato di omicidio preterintenzionale, è stato giudicato colpevole anche di violenza sessuale e maltrattamenti. La ragazza si faceva violentare per salvare la sorellina. La vicenda risale al 2018, quando la ragazza, che doveva testimoniare contro il padre, era stata picchiata dall’uomo e poi lasciata semisvenuta a terra, dove un’auto l’aveva travolta.
Nonostante non fosse alla guida del veicolo che ha investito mortalmente la ragazza, Riaz si è visto contestare l’accusa di omicidio volontario. Secondo l’accusa, infatti, la morte di Azka non è stata accidentale, ma voluta da suo padre, che l’avrebbe abbandonata ferita in strada esponendola di proposito al rischio di essere investita, come poi è accaduto. Fondamentale è stata la testimonianza della moglie di Riaz, la quale ha dichiarato che l’uomo aveva detto più volte dei figli: “Se fossimo in Pakistan li avrei già uccisi”. La donna è venuta in Italia di recente con un permesso speciale per motivi di giustizia.
Secondo la sua testimonianza, che riporta quanto la stessa Azka le aveva raccontato al telefono, le violenze avrebbero riguardato tutti i figli (oggi ospiti di una casa famiglia) e in particolare la sorella minore di Azka, che la ragazza avrebbe tentato in più occasioni di proteggere facendosi violentare dal padre al suo posto. Secondi i racconti di chi era vicino ad Azka, la ragazza sarebbe stata costretta dal padre ad abortire per ben tre volte. Per interrompere le gravidanze, l’uomo usava farmaci che si faceva inviare dal Pakistan. Quanto all’accusa di omicidio, Riaz continua a dirsi innocente.
L’imputato ha sempre respinto le accuse. La ragazza fu investita a Trodica di Morrovalle (Macerata), sulla Sp 485. Dopo la lettura della sentenza della Corte d’Assise di Macerata che ha condannato Muhammad Riaz all’ergastolo per omicidio volontario della figlia 19enne Azka, il procuratore capo della Repubblica di Macerata, Giovanni Giorgio, ha dichiarato: “Ci riteniamo soddisfatti perché sono state accolte le nostre tesi. E’ una vicenda particolarmente orribile”.
“Sentenza ingiusta – ha invece commentato il legale dell’imputato, Francesco Giorgio Laganà – perché fondata su un pregiudizio: aver ipotizzato la violenza dall’omicidio e viceversa, fatti che si sono incatenati a vicenda senza che su alcuno dei due ci sia un elemento di certezza. Speriamo che la sentenza sarà riformata in appello”.