Agenpress – Il carcere di VITERBO, come altre strutture detentive, ha oggettive difficoltà strutturali che meriterebbero urgenti interventi di manutenzione da parte dell’Amministrazione Penitenziaria. Ma, e va detto con forza, questo non pregiudica le condizioni di sicurezza dell’Istituto e la dignità della detenzione dei ristretti. A Viterbo le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri.
“L’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una “casa di vetro”, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci “chiaro”, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto – lavoro svolto quotidianamente, lo ripeto, con professionalità, abnegazione e umanità dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Nel merito delle accuse formulate ad alcuni appartenenti al Corpo, ferma restando la garanzia costituzionale della presunzione di innocenza, non si possono non rilevare diverse incongruenze nelle dichiarazioni del detenuto che accusa alcuni Agenti e di chi strumentalmente amplifica tali dichiarazioni”, aggiunge Capece.
Il responsabile sindacale del SAPPE di Viterbo, Luca Floris, sollecita l’adozione di body cam per il personale di Polizia Penitenziaria in servizio: “Non abbiamo nulla da nascondere e le chiediamo in dotazione anche e soprattutto a nostra garanzia. Non possiamo essere lasciati in balia delle dichiarazioni dei detenuti, il più delle volte archiviate dalla stessa Magistratura, che vengono puntualmente rilanciate da chi pensa che la Polizia Penitenziaria in carcere commetta chissà cosa pur non avendo alcuna cognizione di causa di quello che succede effettivamente all’interno delle carceri. on sappiamo più come gestire la deriva dell’atteggiamento strumentale assunto dai detenuti. Il comando non é in grado di gestire la situazione. Chiediamo di poter portare una sorta di body cam per rendere noto, trasparente e chiaro il contesto in cui lavoriamo. Non possiamo essere capri espiatori di una mal gestione e della politica stessa. Se avessimo avuto strumenti idonei di intervento e ripresa i casi montati ad arte non avrebbero trovato terreno fertile. Casi fantomatici come la bruciatura degli alluci o botte o meglio ancora squadrette inventate sarebbero state solo materiale per calunnia a nostro favore. Qualcuno in grado di farlo deve aiutarci a lavorare serenamente. Non sotto minaccia di chi ha già molte volte infranto le regole della società. Non possiamo pagare un prezzo così alto per il fallimento di un sistema dove noi siamo solo l’ultima pedina.”.
“L’isolamento disciplinare”, continua Floris, “con una disposizione “scellerata” interna all’area sanitaria é stato di fatto paralizzato. Non si mettono più detenuti in isolamento dopo che hanno devastato celle, ferito compagni o aggredito colleghi. La colpa dell’amministrazione é quella di aver subito la cosa senza opporre resistenza. Principi a fondamento della nostra costituzione prevedono che per il funzionamento della giustizia vi sia il rispetto dell’ordine. Senza sanzione vorrei vedere chiunque a far rispettare le regole. Vorrei vedere giudici senza pena e carcere o vigili sena multe, per fare un esempio tangibile. Dobbiamo dire a persone per carità, ma delinquenti (altrimenti starebbero con le proprie famiglie), “state buoni se potete” oppure “su fate i bravi”. Siamo al paradosso. Lo ripeto, l’isolamento, dato con le opportune indicazioni di legge e come estrema ratio é fondamentale come il muro di una casa. L’assenza totale come oggi accade a Viterbo, porta all’anarchia totale e alla in governabilità dell’istituto”.
Il primo Sindacato dei Baschi Azzurri torna a evidenziare che “la Polizia Penitenziaria che lavora nel carcere di Viterbo è formata da persone che nonostante l’insostenibile, pericoloso e stressante lavoro credono nella propria professione, che hanno valori radicati e un forte senso d’identità e d’orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano ogni giorno”.