Un mare di mascherine: come i rifiuti del Covid hanno invaso l’ambiente

AgenPress – Basta uscire di casa e percorrere qualche metro a occhi bassi per rendersi conto che, con i dpi usati, abbiamo un serio problema. Una mascherina sporca calpestata sul ciglio del marciapiede o penzolante dal rametto di un’aiuola, un guanto azzurro abbandonato in mezzo alla strada o lanciato svogliatamente verso un cestino inevitabilmente mancato. Potremmo considerarli piccoli casi di isolata inciviltà, e invece pare che, prima che ce ne rendessimo davvero conto, i “rifiuti del Covid” abbiano invaso le nostre città.

È vero, con il lockdown sembrava che il nostro approccio all’ambiente fosse destinato a subire una brusca virata verso stili di vita più sostenibili, soprattutto considerando il fatto che la situazione che stiamo vivendo affonda le sue radici proprio in questo. Ma la naturale paura dei contagi e della diffusione del virus ha anche spinto le persone a tornare a orecchie basse al “monouso” che con tanta buona volontà, ottimismo e speranza stavamo finalmente iniziando a lasciare andare.

Al ritorno nelle nostre vite di montagne di bottigliette di plastica, alimenti imballati singolarmente, vaschette trasparenti che ci evitano qualunque contatto diretto con gli altri, si sono poi aggiunte a milioni nuove tipologie di rifiuti. Indifferenziati, leggerissimi, tanto importanti per noi quanto facili da perdere e da dimenticare.

È un attimo. Una folata di vento, una piccola disattenzione, una dimenticanza, una mira mancata. E guanti e mascherine iniziano a circolare per l’ambiente, posandosi e riprendendo il loro viaggio. In quantità decisamente preoccupanti. Fino a raggiungere infine il mare.

Della presenza dei dpi sulle nostre spiagge e al largo delle nostre coste ci sono ormai varie testimonianze. Dall’associazione francese Opération Mer Propre, che qualche tempo fa ha dichiarato che presto nel Mediterraneo ci saranno più mascherine che meduse, fino a chi si occupa di tenere pulite spiagge e specchi d’acqua nel nostro Paese. Albano, fondatore della delegazione Marevivo Sud Sardegna, racconta che nel corso delle azioni di pulizia che il suo gruppo svolge regolarmente, ormai è diventato normale imbattersi in grosse quantità di questi nuovi rifiuti. Anche Giovanni Sabatino, capitano dell’imbarcazione anti-inquinamento Pelikan, riconosce che già durante il lockdown alla tradizionale plastica che solitamente reperiva nel porto di Ancona si erano sostituiti mascherine e guanti e che ora questi ritrovamenti restano molto frequenti.

Tanti rifiuti e arrivati in fretta, troppo in fretta, attorno a noi. E il futuro non lascia ben sperare, considerando che secondo una stima dell’ISPRA la quantità media di rifiuti di guanti e mascherine raggiungerà entro fine 2020 una media di 300mila tonnellate. Lo stesso Ministero dell’Ambiente ha da poco lanciato una campagna per sensibilizzare i cittadini sul corretto conferimento di questi rifiuti, troppo spesso trattati con superficialità, così da evitare che il nostro mare si trasformi in un mare di mascherine.

Che fare quindi, per evitare di contribuire a quella che potrebbe trasformarsi in una vera bomba ecologica? Il consiglio è quello di gettare le mascherine e i guanti monouso nell’indifferenziato dopo averle inserite in un sacchetto per evitare che volino via. A questo, si aggiunge la possibilità di acquistare un’alternativa lavabile da utilizzare più e più volte senza produrre rifiuti. Per salvaguardare noi stessi ma anche l’ambiente, da cui ormai sappiamo dipende anche la nostra stessa salute. (Fonte,ohga.it)

https://www.ohga.it/un-mare-di-mascherine-come-i-rifiuti-del-covid-hanno-invaso-lambiente-e-continueranno-se-non-impareremo-a-gestirli/

 

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