AgenPress – “Dopo la tempesta Vaia dell’Ottobre 2018, dopo l’alluvione a Venezia del Novembre scorso, dopo le frane e il dissesto geo-idrologico degli anni precedenti, in Veneto come altrove si risponde con logiche di Protezione Civile prevalentemente di soccorso e interventi di ripristino dello stato dei luoghi. Ogni volta uno “stato di crisi”, certo in molti casi indispensabile; basta questo per evitare che gli effetti al suolo del prossimo evento atmosferico non si ripetano o addirittura non siano più gravi? Il Veneto, come puntualmente ricorda Ispra nei suoi rapporti, da molti anni è la regione più cementificata d’Italia – oltre 1600 ettari di suolo naturale impermeabilizzati solo negli ultimi 2 anni; nel contempo gli uffici regionali preposti alla salvaguardia geologica si assottigliano, rischiando l’estinzione”. Lo ha affermato Pietro Zangheri, geologo, Presidente della Sezione Nord – Est della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) in merito agli eventi accaduti a Verona e non solo.
Il Governatore del Veneto Luca Zaia ha firmato la nuova dichiarazione di “stato di crisi” per le province di Verona, Vicenza, Belluno e Padova, dopo l’ennesimo evento estremo che ha coinvolto nei giorni del 22 e 23 agosto il Veneto.
“A ogni estate, a ogni mese dell’anno, a ogni regione del nostro Paese si può associare un evento naturale, che sia una frana, un’alluvione, un allagamento, una voragine, una erosione costiera, un terremoto, una valanga, i cui effetti sono ricondotti dagli amministratori e dai politici, quando va bene, in “stato di crisi”. D’altronde le cerimonie delle ricorrenze di questi eventi ci ricordano quello che è accaduto e come eravamo impreparati. Siamo il Paese dallo stato di crisi permanente. In un’Europa sempre più motivata a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 – ha affermato Antonello Fiore, geologo, Presidente Nazionale della SIGEA – e pronta a investire diverse decine di miliardi di euro – come si evince dai programmi comunitari del Green New Deal e del Recovery Fund – gli amministratori (in Veneto come in altre regioni d’Italia) che agiscono, su territori sempre più vulnerabili per gli effetti della crisi climatica, con interventi emergenziali stanno dando la risposta giusta?”
Questa è la principale domanda che si pone la Sigea con il Presidente nazionale Antonello Fiore.
“Passata l’ennesima emergenza, ricevuti i contributi economici richiesti per risanare i danni subiti, si esce più maturi e consapevoli dell’urgenza di sanare lo stato di “salute” dei paesaggi regionali, del territorio? Si diviene più coscienti della necessità di passare da una pur lodevole ed efficiente capacità di Protezione Civile – ha continuato Fiore – intesa come soccorso e ricostruzione a una logica di previsione e prevenzione? Esiste una reale cultura della cura del territorio, della tutela dell’ambiente e della vita che esso ospita? Si costruiscono e attivano politiche ecosistemiche e prospettiche, veramente innovative, per la manutenzione e rigenerazione dei luoghi?
Domande che per non essere retoriche necessitano di risposte di lungo periodo e di politiche che trasformino gli investimenti pubblici in un volano per investimenti privati nella rigenerazione del territorio e delle infrastrutture”.
Le politiche ambientali non hanno colore politico.
“E’ essenziale rovesciare radicalmente il nostro sguardo – ha concluso Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista esperto ambientale della SIGEA – e costruire, cooperando, piattaforme interscalari abilitanti capaci di leggere le trasformazioni complesse e articolate del territorio offrendo le utili chiavi di letture per interpretare il futuro realizzando gli interventi strategici necessari per la sua valorizzazione. Le politiche ambientali non sono né di destra né di sinistra: devono essere realizzate per il bene di tutti, possibilmente da persone sempre più qualificate e motivate, per quelli che ci sono oggi e per quelli che verranno domani”.