L’ultimo saluto a Gigi Proietti. Corteo dal Campidoglio al Globe Theatre

AgenPress –  5 minuti di applausi ha salutato l’ultima entrata in scena di Gigi Proietti al “suo” Globe Theatre, il teatro elisabettiano che ha creato e guidato per 17 anni nel cuore di Villa Borghese e che ora porterà il suo nome. Ad accoglierlo, nella seconda tappa del corteo funebre attraverso Roma, tante maestranze, cittadini, amici e colleghi, e i suoi “allievi” Flavio Insinna ed Enrico Brignano.

Presenti anche Massimo Wertmuller, Paola Tiziana Cruciani, Marisa Laurito, Walter Veltroni. Tutti fortemente commossi.

“Roma non lo dimentica. Gigi ci mancherai tanto”, dice il sindaco Virginia Raggi, in collegamento perché in quarantena, promettendo che quando la pandemia finirà la città gli renderà “l’omaggio che merita”. Tutti molto commossi, uno dopo l’altro sono saliti sul palco accanto alla bara ricoperta di rose rosse: Marisa Laurito, Pino Quartullo, Valentina Marziali (la prima Giulietta al Globe), Paola Cortellesi (“ascoltandoti, da piccola pensavo che Amleto fosse una storia tanto allegra”,  racconta); Enrico Brignano che, ammette, “dopo il non ci sei” non riesce a mettere la parola “più”.

“Maestro mio è arrivato il momento dei saluti se fossi bravo come te avrei composto un sonetto una poesia per dire quello che sei stato veramente per me, per tutta questa gente”. Così inizia, con la voce un po’ strozzata dalle lacrime il ricordo di Enrico Brignano che in un testo tra la prosa e i versi, rievoca la grandezza dell’uomo e dell’attore che è stato “Giggi con due g”, come è lui stesso a ricordare. Quella bravura e quel talento che lo ha portato a dire: “veder l’abisso e dire sì, io mi ci butto, vedere il niente e trasformarlo in tutto”.

“Gigi grande attore, regista, mattatore, cesellatore arguto, umile, stratega. Artigiano felice nella sua bottega.

Col tuo saper giocare ad inventar la vita, a trasformarla, rendendola leggera, gioco dopo gioco, sera dopo sera e questa leggerezza quanto mi è servita. Veder l’abisso e dire sì, mi ci butto, prendere il niente e trasformarlo in tutto.

Ma io non lo so fare, non sono capace. Ora lo faccio in prosa, a modo mio, come mi viene meglio anche se è difficile trovare la forza per salutare te che mi hai aperto la porta dei sogni, che sei stato il mio mentore per eccellenza, che in tutti noi allievi hai ispirato desiderio di emulazione, ma allo stesso tempo, ci hai insegnato ad essere noi stessi”.

“Eri, sei un gigante con cui ci siamo dovuti confrontare, aùma sei stato anche il nostro riparo ogni volta che ne abbiamo avuto bisogno. La prima volta che ti vidi da vicino era un giorno d’aprile del 1988. Entrasti e con la giacchetta tenuta per un dito hai detto ciao. Voce imponente, volto autorevole, così alto, con una testa piena di capelli. Mi sentii tremandamente intimidito. Poi pian piano mi sono abituato e comincia a chiamarti come facevano tutti gli altri, Giggi, con due G e cominciai ad amarti senza remore cercando di assorbire quello che potevo ogni volta che ti ero vicino…….”

Valter Veltroni lo ha definito “un intellettuale popolare. Gigi voleva far ridere tutti sempre: era capace di raccontare per la milionesima volta la barzelletta perche’ si beava del suono e degli occhi di chi aveva di fronte, fosse uno o centomila. Ma Gigi era un uomo colto, ha cercato di coniugare per tutta la sua vita qualità e pubblico, non accettava che le cose fossero riservate solo ad alcuni”.

Le braccia spalancate che salutano il suo pubblico, lo sguardo sorridente e luminoso in una delle sue repliche di Cavalli di Battaglia in Auditorium Parco della Musica. È la foto scelta dalla Fondazione Musica per Roma per salutare il grande attore. Sarà proiettata, a partire dalle 17.30, sulla cupola della Sala Sinopoli. Un omaggio doveroso da parte della Fondazione Musica per Roma ad un’artista che per anni ha calcato i palcoscenici dell’Auditorium divertendo e appassionando oltre 100 mila spettatori.

 

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