AgenPress. Il governo di Giorgia Meloni ha iniziato la navigazione che speriamo sia fruttuosa. La complessità dei problemi richiedono dedizione e un ritrovato senso di responsabilità. Al governo spetta di guidare in acque non tranquille il Paese.
Non è facile raggiungere un assetto istituzionale e politico che agevoli la vita del governo e delle istituzioni democratiche. La luna di miele dei governi è sempre più breve e meno al riparo di incidenti “previsti”. Il governo Draghi accolto in trionfo sembrava destinato a una lunga vita.
Ma non bastano le buone intenzioni, gli auspici, i pronunciamenti di certi commentatori “partita fissa” di tante trasmissioni che amano crogiolarsi fra luoghi comuni, narrazioni scontate, curiosità e ovvietà privi di calore e di stimoli. Il tema vero è che la nostra Democrazia è malata. I centri decisionali veri sono altrove dal governo e dal Parlamento.
Spezzoni di poteri che nel vuoto della politica, senza essere espressione di nessun consenso popolare, decidono e impongono le loro scelte. Una Repubblica con tante repubbliche: tanti microcosmi Nella cosiddetta “prima repubblica” si diceva che l’IRI era uno Stato nello Stato, assunto non vero per quello che questo Istituto ha rappresentato nella ricostruzione.
Oggi ci sono i grandi Enti che agiscono senza controllo e senza regole, agenzie e centrali operative che interagiscono anche in politica estera. Le autorità di autoregolamentazione sono un appesantimento: orpelli inutili e con costi rilevanti. La giustizia rimane il nodo che rende nebulose le prospettive di sviluppo, incerte la tutela dei diritti e evanescente l’equità.
Il Parlamento in questi anni non è stato il depositario esclusivo della volontà popolare e non è stato saldo riferimento per le grandi opzioni economiche e sociali. Ricomporre i tasselli scomposti delle politica è il compito primario del nuovo Parlamento e dell’Esecutivo attraverso la revisione dell’attuale legge elettorale.
La riforma del sistema elettorale è coevo alle auspicate riforme costituzionali. Il sistema elettorale è funzionale alla forma di governo. Infatti il proporzionale con le preferenze era funzionale alla Repubblica Parlamentare. I provvedimenti elettorali successivi hanno deviato rispetto al dettato costituzionale.
Io sono per la centralità del Parlamento che si può garantire con la introduzione del cancellierato tedesco. Un Parlamento che elegge il cancelliere (presidente del consiglio o primo ministro) e la previsione della sfiducia costruttiva, tributo alla stabilità degli esecutivi senza tradire la dialettica e il confronto.
Bisogna garantire agli elettori il potere della scelta dei loro rappresentanti (proporzionale con le preferenze). La maggioranza di governo si è espressa per l’autonomia differenziata che allarga competenze e poteri sostanzialmente di alcune regioni del Nord.
Ritengo che è propedeutico superare la riforma costituzionale voluta dalla sinistra del 2001. L’ampliamento della autonomia di alcune regioni è un “vulnus” all’ unità ’ del Paese. Sotto mentite spoglie ritorna il disegno bossiano della secessione.
È d’accordo una parte autorevole del PD. Stranamente questa riforma la fa propria un governo guidato da un Partito che ha sempre parlato di unità della Patria e di un presidente del consiglio che trova la forza ispiratrice nei patrioti.
Tanti problemi che scompaiono difronte alla querelle se l’on. Meloni deve essere chiamata la presidente o il presidente del consiglio. Inerzie del pensiero che nascondono povertà antiche e nuove di idee rigeneratrici. Oggi è il tempo della maturità e di una ritrovata forza morale. Cominciamo ad abbattere le povertà culturali: il Paese troverà la volontà di andare avanti.
Mario Tassone