AgenPress – Gli italiani pagano per i rifornimenti 4,18 miliardi di euro in più all’anno rispetto agli altri europei. I dati emergono da uno studio condotto dal Centro di formazione e ricerca sui consumi, che ha messo a confronto i prezzi dei carburanti, analizzando anche il peso finale della tassazione sugli automobilisti. Nell’ultima settimana, il prezzo medio della benzina ha raggiunto, secondo i dati del Mase, una media di 1,823 euro al litro, facendo balzare l’Italia al quarto posto nella classifica Ue dei paesi col prezzo della benzina più caro, analizza il Crc. Peggio fanno solo Danimarca (2,035 euro al litro), Olanda (1,970 euro) e Grecia (1,844 euro). Rispetto alla media Ue di 1,707 euro al litro, gli italiani pagano la verde ben 11,6 centesimi in più, con la conseguenza che un pieno costa agli automobilisti italiani circa 6 euro in più rispetto alla media europea. Se si considerano due pieni al mese per 17,1 milioni di auto a benzina circolanti in Italia, si tratta di un aggravio di spesa da ben 2,46 miliardi di euro annui.
I dati “evidenziano ancora una volta come gli italiani siano penalizzati rispetto al resto d’Europa, poiché ad influire sui prezzi pagati alla pompa è la tassazione eccessiva che vige su benzina e gasolio nel nostro Paese, un nodo che, nonostante le promesse dei vari governi, non è stato mai affrontato”, dice il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso.
Il divario col resto d’Europa “rischia di aggravarsi se ci sarà un riallineamento delle accise sul gasolio. Al netto delle dinamiche speculative che determinano rincari alla pompa, e che andrebbero contrastate con forza, riteniamo urgente aprire una riflessione a livello comunitario affinché si arrivi ad un sistema unico di tassazione sui carburanti, identico in tutta Europa, anche per evitare che gli aumenti alla pompa si traducano in effetti a cascata sull’inflazione, considerato che l’88% della merce viaggia su gomma, e sul sistema economico, facendo perdere competitività all’Italia rispetto a Paesi dove i carburanti costano sensibilmente meno e impattano meno su famiglie, industrie e imprese”.