Microplastiche nella placenta e nelle ovaie: un nemico invisibile minaccia la fertilità femminile

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Vaccari (FNOPO): “Un rischio sottovalutato. Ostetriche in prima linea per la prevenzione”


AgenPress. È un rischio invisibile, ma concreto. Un nemico silenzioso che si insinua nel corpo femminile e minaccia la salute riproduttiva, proprio là dove si genera la vita. Le microplastiche – un tempo simbolo dell’inquinamento ambientale – oggi entrano a pieno titolo tra le emergenze sanitarie, soprattutto per le donne. A dimostrarlo è la scienza.

La prima allerta era arrivata già nel 2020, dal dott. Antonio Ragusa, in quegli anni primario di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina di Roma. Lo studioso con il suo team, in collaborazione con il Politecnico delle Marche, aveva trovato frammenti di plastica in sei placente di donne sane.

Oggi, una nuova ricerca, coordinata da Luigi Montano e condotta su donne sottoposte a tecniche di procreazione medicalmente assistita, rilancia l’allarme: 14 pazienti su 18 presentavano microplastiche nel fluido follicolare. Una contaminazione potenzialmente in grado di alterare la qualità degli ovociti, disturbare l’equilibrio ormonale e compromettere la fertilità.

Tutelare la fertilità e la salute riproduttiva della donna

Secondo Silvia Vaccari, presidente della FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica), “questi dati scientifici rappresentano un campanello d’allarme che non possiamo più ignorare. Le microplastiche sono entrate nel nostro corpo senza che ce ne accorgessimo, e lo stanno facendo proprio lì dove si sviluppa la vita. Tutelare la fertilità e la salute riproduttiva della donna è oggi una priorità assoluta di sanità pubblica. È necessario monitorare, informare e prevenire l’esposizione, specialmente nelle fasce più vulnerabili come le donne in gravidanza o in età fertile”.

Il caldo estivo aumenta il pericolo

Con l’arrivo dell’estate, l’esposizione involontaria cresce. Le alte temperature favoriscono il rilascio di sostanze tossiche dai materiali plastici, un fenomeno noto come desorbimento. “Con il caldo il rischio cresce, perché il calore favorisce il passaggio delle microplastiche dagli oggetti al nostro organismo”, avverte ancora Vaccari. Bottiglie d’acqua lasciate al sole, contenitori riscaldati nel microonde, bustine da tè o tazze di carta cerata sono veicoli comuni di contaminazione, spesso ignorati.

Cosa possono fare le ostetriche

Di fronte a questa emergenza ambientale e sanitaria, le ostetriche rappresentano una risorsa cruciale per l’educazione e la prevenzione. “Il loro ruolo non si limita più alla sola assistenza durante gravidanza e parto: diventa sempre più un presidio attivo per la tutela della salute femminile nel suo complesso – spiega la Presidente Vaccari  -. Le ostetriche possono informare le donne sulle principali fonti di esposizione alle microplastiche e spiegarne i potenziali effetti sullo sviluppo fetale e sulla fertilità. “Limitare il consumo di cibi confezionati nella plastica, preferire materiali come vetro e carta soprattutto con alimenti caldi, scegliere prodotti per l’igiene privi di microplastiche: sono gesti quotidiani che possono fare la differenza”, sottolinea Silvia Vaccari. Anche nella scelta dei detergenti e degli indumenti è importante prediligere soluzioni naturali. “Le microfibre rilasciate dai capi sintetici durante il lavaggio si trasformano in microplastiche – spiega ancora Vaccari – e alcune sostanze presenti in frutti di mare, miele, zucchero o sale possono accumularsi nel nostro organismo. Alimentazione e stile di vita sono oggi elementi chiave per proteggere la fertilità”. Compito delle ostetriche, aggiunge, è offrire supporto mirato alle donne in età fertile o in gravidanza, guidandole verso scelte che tutelino la loro salute e quella del nascituro.

Ostetriche: un lavoro educativo, continuo e aggiornato

Ma il ruolo delle ostetriche va ben oltre i consigli pratici. È un lavoro educativo, continuo e aggiornato. “Dobbiamo spiegare come le microplastiche entrano nel corpo: attraverso ciò che mangiamo, beviamo, respiriamo o spalmiamo sulla pelle. Serve informazione, non allarmismo”, afferma Vaccari. Le ostetriche possono consigliare soluzioni concrete, come ridurre la plastica monouso, scegliere alimenti freschi e integrali, utilizzare cosmetici naturali e installare filtri per l’acqua che riducano la contaminazione. Non solo: “Siamo chiamate a promuovere anche una cultura ecologica, che parte dalla corretta raccolta differenziata e arriva fino alle scelte di consumo consapevole”, sottolinea. “Infine – conclude Vaccari – dobbiamo restare aggiornate sugli sviluppi scientifici, per offrire alle donne strumenti efficaci e sicuri per proteggere la loro salute riproduttiva. La plastica è ovunque, ma insieme possiamo limitarne gli effetti più dannosi. La salute ambientale è, a tutti gli effetti, salute femminile”.

L’ecologia entra nel percorso nascita

“Non possiamo più parlare di salute femminile senza considerare i fattori ambientali”, conclude Silvia Vaccari. “Le ostetriche sono pronte a fare la loro parte con un approccio educativo e preventivo, spiegando alle donne come ridurre l’esposizione e riconoscere i rischi. L’ecologia deve entrare a pieno titolo nel percorso nascita”. Dai mari alla placenta, dalle bottiglie alle ovaie, la plastica ha ormai colonizzato anche i luoghi più intimi del corpo femminile. Sta ora alla sanità pubblica, alla ricerca e alle professioni sanitarie rispondere, prima che sia troppo tardi. Come ricorda Vaccari: “Se non agiamo adesso, rischiamo di compromettere il futuro riproduttivo di un’intera generazione. E in estate, più che mai, abbiamo il dovere di informare le donne e proteggerle. Perché la salute ambientale è salute femminile”.

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