AgenPress. Il delitto di Garlasco avvenuto il 13 agosto 2007 sta diventando uno dei casi più discussi in Italia, non solo per la complessità delle indagini, ma per le successive revisioni, controversie sulle prove, e sulle modalità investigative.
Negli ultimi giorni si è riacceso un nuovo fronte d’inchiesta: la Procura di Brescia ha aperto un fascicolo per corruzione in atti giudiziari nei confronti dell’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti. L’ipotesi è che, in relazione alla prima indagine su Andrea Sempio (all’epoca sospettato nel delitto Poggi), sarebbe stata proposta una somma di denaro “indebita” per favorire l’archiviazione.
Uno degli elementi centrali è un appunto (un “foglietto”) sequestrato ai genitori di Sempio: “Venditti – gip archivia X 20-30 euro”. Su questo documento – riferito al periodo del 2016/2017 – si stanno concentrando gli inquirenti, che analizzano anche le movimentazioni bancarie della famiglia Sempio, prelievi in contanti, e rapporti con alcuni ex appartenenti alla Polizia Giudiziaria della Procura di Pavia.
Secondo il decreto di perquisizione della Procura di Brescia, i magistrati ritengono che nel periodo tra dicembre 2016 e giugno 2017 i genitori e alcuni parenti abbiano fatto prelievi in contanti “incongrui” rispetto alla loro situazione finanziaria abituale, per valori anche dell’ordine di decine di migliaia di euro, e che vi siano poi stati trasferimenti, assegni e versamenti che richiedono chiarimenti.
Da parte sua, Venditti respinge ogni addebito: sostiene di non aver mai ricevuto soldi, definisce “offese come uomo e magistrato” le accuse a suo carico, e afferma che ogni elemento sarà chiarito.
La versione dei genitori di Sempio: “I contanti erano per le spese legali”. Davanti agli inquirenti, i genitori di Andrea Sempio – Giuseppe Sempio e Daniela Ferrari – sono stati ascoltati per diverse ore.
Il padre ammette di aver scritto il bigliettino con l’indicazione “Venditti / gip archivia X 20-30 euro”, ma ne minimizza il contenuto: secondo lui la cifra “20-30 euro” non ha un significato preciso oggi, e non ricorda esattamente a cosa si riferisse.
Ha detto che potrebbe trattarsi di spese per marche da bollo, o per ottenere documenti, oppure di soldi da consegnare ai legali: “forse erano contanti per pagare marche da bollo, o soldi da dare agli avvocati per prendere dei documenti” ha dichiarato.
L’avvocato difensore di Sempio, Massimo Lovati, ha definito il foglietto piuttosto come “un preventivo di spesa”, non come prova di corruzione, e ha chiesto che venga fatta una perizia calligrafica per attribuire l’appunto con certezza.
Per quanto riguarda i prelievi ingenti in contanti emersi dagli accertamenti bancari, la madre ha detto che “non era un segreto, l’unica cosa è che avevamo bisogno di utilizzare denaro contante per pagare gli avvocati”. Ha aggiunto che non vi è alcuna “sotterranea corruzione” o “accordi illeciti”: “abbiamo solo affrontato spese legali e basta”.
La signora Ferrari ha inoltre escluso contatti personali con Venditti, affermando che la loro famiglia “non conosce l’ex procuratore di Pavia”, e che “nessuno della famiglia gli ha mai dato una lira”.
I genitori si sono detti esasperati anche per il fatto che intercettazioni o frammenti di conversazioni private vengano divulgati sui media, con danni di immagine per la famiglia. “Non ce la facciamo più … questa accusa è una grandissima cavolata” ha dichiarato la madre.
Sebbene la versione dei genitori possa sembrare – sotto molti profili – plausibile, ci sono aspetti che gli inquirenti intendono approfondire. Ecco le principali criticità:
Il fatto che l’appunto menzioni “20-30 euro” (o “20-30.000 euro”, nei vari articoli si suggerisce che si tratti di migliaia) e il riferimento a “Venditti/gip archivia” è un indizio che per gli inquirenti merita accertamenti.
Gli investigatori sottolineano che i prelievi in contanti e le operazioni con assegni della famiglia Sempio e dei parenti risultano inconsueti rispetto alla storia finanziaria nota.
Nella memoria della Procura di Brescia è segnalato che alcune intercettazioni “rilevanti” non sarebbero state trascritte nel corso dell’indagine del 2017; ciò solleva dubbi su selezioni o omissioni.
L’appunto con grafia attribuita al padre risulta datato “febbraio 2016”, mentre l’archiviazione dell’indagine avvenne nel 2017: gli inquirenti ipotizzano un errore o un appunto “anticipato”, ma questo disallineamento è un punto che va chiarito.
Al momento, l’indagine è contro Venditti per corruzione in atti giudiziari, ma non è provato che quei contanti, qualora effettivamente spostati, siano arrivati effettivamente nelle sue mani.
In sintesi, gli inquirenti vogliono scrutinare interlocuzioni (anche intercettazioni), flussi finanziari, documentazioni contabili, verifiche calligrafiche sull’appunto sequestrato, e chiarire dove siano finiti eventuali fondi.
Se l’accusa di corruzione in atti giudiziari venisse confermata, Venditti si troverebbe ad affrontare conseguenze penali gravi: corruzione tra magistrati è reato di particolare allarme sociale. Tuttavia, per sostenere l’accusa, è necessario dimostrare la connessione nominale, concreta e materiale tra il versamento (o la promessa) del denaro e l’atto (l’archiviazione) favorito.
La difesa di Sempio punta a far emergere che i contanti non erano destinati a Venditti, ma erano impiegati per spese legali, marche da bollo, documenti, i tradizionali costi collaterali di un procedimento. Se si riuscisse a dimostrare una “causa lecita” per quegli importi, ciò avrebbe un impatto forte sulle accuse.
È probabile che emergano richieste di perizie calligrafiche, accertamenti bancari più estesi, interrogatori supplementari, e forse richieste di audizioni di figure dell’epoca. Anche le omissioni o buchi nelle trascrizioni delle intercettazioni delle prime indagini del 2017 saranno un nodo centrale nella contesa giudiziaria.