AgenPress. In occasione della ricorrenza dei 35 anni dalla morte e dal compimento del corso di perfezionamento in Diritto regionale del magistrato siciliano ucciso dalla mafia, sarà pubblicato il libro “Rosario Livatino tra diritto e fede”, edito da Treccani (238 pp, 24 euro).
La pubblicazione, curata da Gaetano Armao, docente di Diritto amministrativo dell’Università di Palermo, si basa sullo studio di due documenti inediti, integrali e autografi del magistrato agrigentino. Il primo è la tesi presentata al termine del percorso accademico della Scuola di perfezionamento dell’Università di Palermo il 21 aprile 1990, pochi mesi prima di essere ucciso. Il secondo è l’orazione funebre pronunciata il 12 settembre 1983, in occasione dei funerali di Elio Cucchiara, Sostituto Procuratore ad Agrigento.
Lo studio dei due testi ha permesso agli autori di far progredire la conoscenza della figura di Rosario Angelo Livatino attraverso una serie di contributi, che hanno fatto emergere la sua visione della magistratura.
Un passo in particolare dell’orazione funebre restituisce il pensiero del Livatino cultore del diritto: «I magistrati possono dividersi in due categorie: quelli che argomentano in questo modo – “la legge non dice che io non possa farlo e allora lo faccio” – e quelli che argomentano in quest’altro modo – “la legge non dice che io lo possa fare e quindi non lo faccio”; […] C’è differenza fra queste due categorie, fra questi due modi di informare il proprio dovere? Sì, v’è quella stessa differenza – sottile e abissale a un tempo – che corre tra l’essere semplicemente operatori del diritto e l’essere operatori di Giustizia».
Il Livatino custode della legalità a difesa del territorio, nella tesi accademica, delinea chiaramente il suo pensiero sul «fenomeno dell’abusivismo edilizio, [che] costituisce la risultante di una condizione patologica, sia sul piano normativo sia su quello esecutivo della vigilanza del governo del territorio. Una politica del territorio a lungo confusa, inattuale e certamente non adeguata alle esigenze della collettività e la non sempre accorta e solerte attività degli organi preposti al controllo delle normative in materia sono senz’altro fra le cause non ultime della larga diffusione di tale fenomeno su tutto il territorio nazionale».
Il Sostituto Procuratore e poi Giudice Livatino, commenta Armao, ha incarnato il modello di integerrimo servitore dello Stato, fedele alla Costituzione, “riservato e senza alcuna ansia di protagonismo mediatico, personale o associativo, caduto nell’adempimento del proprio dovere, che ne consolida ancor più i profili della personalità di uomo di diritto e impegnato con dedizione nella propria attività in favore della legalità”.
Rosario Angelo Livatino, beatificato nel maggio del 2021, resta tutt’ora una figura formidabile nella storia della giustizia e del diritto italiano.