Antonio Di Pietro: “Questa riforma non è il sogno di Berlusconi, ma una necessità per il Paese”

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AgenPress. L’ex magistrato Antonio Di PIetro ha rilasciato un’intervista a Tag24.it sulla riforma della Giustizia e la separazione delle carriere.

«Innanzitutto precisiamo che questa non è la riforma della giustizia: magari lo fosse, direbbe il vecchio Di Pietro. La riforma della giustizia è far funzionare la macchina quotidiana. Questa è la riforma della magistratura, una riforma che fu fatta nel 1989, dal sistema inquisitorio ad accusatorio.»

«Prima c’era un giudice che faceva le indagini e poi giudicava se quello che aveva fatto andava bene o meno; con il sistema accusatorio c’è un soggetto – un pubblico ministero – che fa le indagini e un giudice terzo che dice se ha fatto bene o ha fatto male. A me pare che questa soluzione sia la migliore e così la pensavo anche inizialmente.»

«Poi che cosa è successo? È arrivato un tale che si chiama Silvio Berlusconi, ci ha messo il cappello sopra e con la scusa di completare il quadro accusatorio voleva cambiare l’articolo fondamentale della Costituzione, l’articolo 104, vale a dire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. È chiaro che tutti quanti ci siamo ribellati e anche adesso mi ribellerei e farei una campagna ossessiva. Come vede, io sono rimasto coerente con quell’impostazione originale del 1989, che era stata infarcita da interessi privati.»

«Perché si avvera il sogno di Silvio Berlusconi? Si dice anche che si avvera il sogno di Licio Gelli. Il problema non è guardare a chi l’ha detto, ma all’utilità che ha. Licio Gelli, per esempio, prevedeva che il numero di parlamentari dovesse essere ridotto della metà, poi sono arrivati i Cinquestelle e lo hanno fatto: che vuol dire che hanno attuato il sogno di Licio Gelli?»

«Voglio dire, Berlusconi voleva la separazione delle carriere per mettere sotto controllo dell’esecutivo il pubblico ministero; questa riforma non lo mette sotto controllo dell’esecutivo, anzi lo rende più forte e autonomo. Il pubblico ministero rimane sempre dentro la giurisdizione.»

«Non mi preoccuperei di guardare cosa temono gli altri ma all’interesse dei cittadini. Chi è la mamma del CSM? È l’ANM, cioè un’associazione all’interno della quale ci sono delle correnti. Queste correnti sono quelle che mandano a tutti gli iscritti dicendo: “qui vota a questo, qui vota quell’altro”. E al CSM chi ci va? Ci va l’espressione delle singole correnti, le quali decidono secondo una lottizzazione e spartizione. Mi dispiace che ci sia un sorteggio, ma il sorteggio viene fatto all’interno della magistratura, tra persone che hanno vinto un concorso. Il sorteggio sicuramente dà più trasparenza rispetto alla lottizzazione attuale.»

«Ai cittadini in questo momento bisogna ricordare una cosa: quando vanno a votare devono votare tutto il pacchetto. Per me ne vale la pena, ma io rispetto anche chi la pensa diversamente. A me dispiace che non si parli del merito della riforma, ma di chi l’ha fatta. C’è da una parte chi ci mette il cappello sopra, tipo alcuni berlusconiani, rovinando il merito, perché poi il cittadino va a votare per partito preso. Dall’altra parte c’è chi scredita questo referendum semplicemente dicendo che l’ha voluto Berlusconi o Gelli: il motivo per cui lo volevano loro era abietto, ma il motivo per cui serve adesso ai cittadini è molto serio.»

«Ogni volta che Travaglio fa una critica, per me è uno stimolo a fare meglio. È una persona che stimo e rispetto. Chi si esprime come mi sto esprimendo io – dando un giudizio e dicendo “io voterò sì” – deve sottoporsi anche alle critiche di chi la pensa diversamente. Io rispetto la sua critica, ma non è che per non farsi criticare bisogna fare come Ponzio Pilato, bisogna assumersi la propria responsabilità.»

«Io, a differenza di tanti miei ex colleghi magistrati, non ho fatto solo il magistrato e posso assicurarle che, quando si entra in un’aula di giustizia, dipende dalla giacchetta che si ha addosso per sentirsi più o meno tranquillo.»

«Risorse umane, mezzi finanziari e strutture adeguate: questo manca. Bisogna ridurre il numero dei fascicoli e dare più certezza del diritto. Questa è un’ingiustizia che va riparata attraverso leggi ordinarie e provvedimenti ordinari.»

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