Fase 2. Chi sono “congiunti”, che potranno essere visitati secondo “l’avvocato del popolo?”

Agenpress – In questa “fase 2” nell’emergenza coronavirus, via libera alla “possibilità di spostamenti mirati per far visita ai congiunti. Molte famiglie sono state separate, vogliamo consentire delle visite ma mirate nel rispetto delle distanze con l’adozione delle mascherine e divieto di assembramento”.

Lo ha annunciato il premier Giuseppe Conte,definitosi, la prima volta che è apparso in tv, “avvocato del popolo”.  “Non sono consentiti party e riunioni di famiglia”.

Ma chi rientra in questa categoria? Molti si sono posti la stessa domanda, non riuscendo a interpretare nel modo corretto le parole del premier. Lontano dal pronunciare la parola “fidanzati”, infatti, il presidente del Consiglio ha fatto riferimento a un concetto diverso.

Stando alla definizione dell’Enciclopedia Treccani, il congiunto è un parente di qualsiasi ordine: marito, moglie, figlio, fratello, madre, padre, nonno, zii, nipoti. E i fidanzati fanno parte dei congiunti? No, non rientrano in questa definizione. Non essendoci un legame di sangue o legale tra i due i fidanzati non si possono considerare congiunti.

Andiamo con ordine: questo è il testo della bozza del Dpcm con le misure in vigore dal 4 maggio al 17 maggio. Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale 1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull’intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure:

a) sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie”.

L’art. 307 4° comma c.p., difatti, definisce i “prossimi congiunti” (“s’intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti”), e ciò, sì, in generale, ma soltanto “agli effetti della legge penale”. Al di fuori della legge penale, invece, non è per nulla chiaro o, almeno, non è definito normativamente, cosa si debba intendere quando il legislatore ci parla di “prossimi congiunti”. In verità, alcuni spunti “definitori” sono ravvisabili, qua e là, nelle fonti normative.

Ci si chiede chi abbia scritto questo decreto, dalla task force all’avvocato del popolo, perché di “congiunti” non esiste una definizione giuridica chiara in alcun testo normativo. Salvo che il codice penale, che parla di “prossimi congiunti” all’articolo 307 che riguarda “Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata” per escludere la responsabilità penale di chi ospita un terrorista. E si parla di effetti ai fini dell’applicazione della legge penale, per dire che sono “prossimi congiunti”  “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole”.

Nel nostro diritto esistono termini molto precisi per definire le relazioni fra le persone ad esempio coniuge per la moglie, parente di grado x per un consanguineo (padre, madre, nonno, cugino, nipote etc.), affine (per un parente del proprio coniuge come un cognato). Il termine congiunto esiste certamente nella lingua italiana ma nel diritto trova rara ospitalità e compare solo nel diritto penale.

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