Inps: sì alla pensione se il mafioso non è in cella. Tirrito (Co.G.I.): “Vomitevole”

AgenPress. “La mafia è un cancro che stritola vite umane, famiglie, imprese. E chi vi appartiene non dovrebbe avere diritto a nulla, tanto meno alla pensione sociale che è lo strumento con il quale decine di migliaia di onesti cittadini provano a sopravvivere. Non fare distinzione alcuna tra chi ha seguito la legge a costo di mille sacrifici e chi se ne è infischiato per anni prevaricando, minacciando, uccidendo persino, è vomitevole”.

A parlare è Maricetta Tirrito, portavoce del Co.G.I., il Comitato dei collaboratori di Giustizia, in seguito alla circolare dell’Inps nella quale si recepisce una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’articolo della legge 92/2012 che prevedeva la revoca delle prestazioni assistenziali.

In partivcolare, i condannati per terrorismo e mafia che scontano una sentenza passata in giudicato con modalità alternative al carcere hanno diritto a riavere la Naspi, la pensione sociale o quella di disabilità. Spettano loro anche gli arretrati dalla data di revoca della prestazione, per i periodi nei quali il titolare non scontava la pena in carcere.

“Aberrante – incalza Tirrito -. Chi ha cercato di sovvertire l’ordine dello Stato, per scopi politici, ideologici, di potere o meramente criminali, non può essere messo alla stessa stregua dell’anziano che ha speso una vita nel restare fedele alle regole di convivenza civile, sacrificandosi pur di non accettare compromessi, scorciatoie, né tanto meno i soldi facili che arrivano con la manovalanza criminale.

Per la Corte Costituzionale le due situazioni sono comparabili, e poco importa se per colpa di terroristi e mafiosi qualcuno ha perso la vita, il lavoro, la dignità, la famiglia. Diritti uguali per chi quei diritti ha calpestato e per chi si è sacrificato per essi. Questa sentenza è uno schifo. E a chi dice questa è la Legge, rispondo che sarà anche così, ma di certo non è Giustizia”.

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