“Omofobi per legge? Colpevoli per non aver commesso il fatto”, edito da Cantagalli

AgenPress. E’ stato presentato a Roma, presso la Sala Apollo del Palazzo Maffei Marescotti, nel corso di un seminario organizzato dal Comitato spontaneo Polis Pro Persona, composto da oltre 50 associazioni no profit, il libro “Omofobi per legge? Colpevoli per non aver commesso il fatto”, edito da Cantagalli e curato da Alfredo Mantovano, vice presidente del Centro studi “Rosario Livatino” e magistrato della Corte di Cassazione.

All’evento, trasmesso anche in diretta streaming sulla pagina Facebook “Polis Pro Persona” e aperto a tutte le forze politiche, sono intervenuti Marina Casini, Gigi De Palo, Alberto Gambino, Massimo Gandolfini, Cesare Mirabelli e Mauro Ronco. Numerosi i parlamentari presenti, tra i quali Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni, Paola Binetti, Simone Pillon.

E’ stata un’iniziativa corale e unitaria di un ampio spettro del mondo associativo, che per l’occasione ha illustrato le ragioni di giudizio del disegno di legge sulla cosiddetta “omofobia”, che proprio oggi la Commissione Giustizia della Camera ha adottato in un Testo unificato delle varie proposte, denominato “Misure di prevenzione e contrasto della violenza e della discriminazione per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere”.

“Noi cerchiamo il dialogo con le forze parlamentari e culturali di tutto il Paese – ha spiegato Domenico Menorello, del Comitato Polis Pro Persona, coordinatore del dibattito – perché in ballo non c’è la lotta a una forma di violenza, ma il malcelato tentativo di imporre con il codice penale l’ideologia “gender”. Il Testo unificato contiene un grave allargamento della cosiddetta “legge Mancino”, un reato di opinione attualmente trasfuso negli articoli 604 bis e successivi del codice penale”.

“Siamo tutti contro la violenza – ha precisato Menorello – e per questo il codice penale è sufficiente. Si indica furbescamente un obiettivo su cui tutti concordano, per far passare una forzatura che altera gravemente lo Stato laico e liberale e comprime in modo inaccettabile la libertà di tutti, volendo imporre un modello ideologico alla popolazione. Il livello della questione è antropologico. Si vuole imporre un’idea di uomo sganciata dal reale”.

Secondo Mauro Ronco, presidente del Centro studi Livatino, “siamo di fronte alla criminalizzazione del pensiero, che viene colpito inducendo indirettamente una sorta di autocensura”.

Per Cesare Mirabelli “esiste già una congrua protezione penale per il paventato crescere di violenze verso gli omosessuali, per cui bisognerebbe almeno salvare espressamente la libertà di pensiero. E’ sbagliato enfatizzare nel penale la categorizzazione, perché parcellizza la dignità della persona”.

“In questa partita sono in gioco anche il valore della vita e della famiglia” ha sostenuto Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita, aggiungendo: “Si avvera la profezia di Calamandrei: “il mostro si è vestito con l’ermellino”, cioè di legalità”.

Un provvedimento che vede anche la contrarietà dei vescovi, per i quali “l’introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischia di aprire a derive liberticide, per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finisce col colpire l’espressione di una legittima opinione”. “Per esempio – ha scritto la CEI – sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.

Secondo Massimo Gandolfini, presidente del Family Day, “i dati smentiscono l’allarme lanciato dai promotori della proposta di legge. Siamo di fronte a un’imposizione ideologica, che non può esistere in uno stato laico. Non possiamo accettare che si vogliano imporre nelle scuole, con risorse pubbliche, i corsi gender”.

Per Gigi De Palo, presidente del Forum delle famiglie, “l’Italia non è un Paese omofobo, quel che conta è la dignità di ognuno e non certo la categoria alla quale appartiene”, mentre Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita, chiarisce che “dobbiamo saper eliminare contrapposizioni che non hanno ragione di essere. Cosa significa “istigare alla discriminazione”? Qui non abbiamo riferimenti oggettivi. Si apre un problema enorme. Se discriminare significa distinguere e ciò si fonda su un mero orientamento culturale, dove si va a parare? Si pone un tema di fondamento liberale”.

Lapidario il giudizio di Matteo Salvini: “Attiro l’attenzione sulla crisi demografica. Io voglio difendere il diritto di un bambino ad avere una mamma e un papà senza rischiare la galera. È una battaglia bella, ma difficile, perché abbiamo di fronte una mistificazione. Dobbiamo essere tenaci e prudenti. Mi stupisco che qualcuno si stupisca che un vescovo difenda la famiglia. La priorità sarebbe la transfomofobia?”.

“Ci ribelliamo agli slogan per cui da una parte ci sono i cattivi e dall’altra i buoni – ha commentato Giorgia Meloni – dobbiamo avere il coraggio di farci delle domande: serve una legge come questa? Esiste una escalation di violenza omofoba con un vuoto normativo? Non c’è escalation secondo l’osservatorio preposto e il nostro ordinamento penale ha congrui mezzi per tutelare le persone dalla violenza, non c’è nemmeno alcun obbligo internazionale. Almeno Scalfarotto ha ammesso che questo reato serve solo per “educare” il popolo. Inoltre, non si possono fare norme su concetti vaghi e che ognuno interpreta a modo suo”.

 

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