Autostrade. Toninelli (M5S): “non c’è odio verso i Benetton, ma la consapevolezza della gestione disastrosa”

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Agenpress – “Ho sempre messo prima le azioni politiche rispetto al sottoscritto. Io stavo facendo un lavoro che stava riequilibrando gli interessi dei cittadini rispetto a quelli dei concessionari. La prima cosa che ho verificato quando ho iniziato la mia attività di ministro è che troppi miliardi entravano nelle tasche di questi concessionari che gestivano bene di Stato”.

Così Danilo Toninelli, senatore del M5S,  intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus, riguardo il suo lavoro al Mit.

Su Autostrade. “Era tutto pronto per la doverosa revoca della concessione ad Aspi, gestita da Benetton a sua insaputa. L’unica cosa che conosceva erano i miliardi che incassava. Per mesi e mesi sono andati avanti a difendere se stessi, dopo un anno hanno mandato via l’Ad dandogli 13 milioni di euro in buonuscita. Ci hanno messo un po’ tanto. Benetton deve capire che non c’è odio nei suoi confronti, c’è la consapevolezza della gestione disastrosa delle autostrade, l’odio è la sua paranoia, noi siamo gente concreta. Il lavoro di equilibrio tra Stato e concessionari che avevo fatto io deve essere portato avanti, non solo con la revoca delle concessioni. I Benetton e i concessionari sono così potenti e molto più forti dello Stato perché la politica gliel’ha permesso.

Negli anni ’90 hanno dato ai privati le autostrade, ma la vera catastrofe è stata fatta tra i governi Prodi e Berlusconi quando hanno messo addosso un’armatura a questi contratti inserendo clausole capestro. Se tu Stato revochi legittimamente la concessione a un privato, tu Stato devi pagare gli utili che avrebbero incassato fino a fine concessione. Per evitarlo bisogna fare una legge che tolga queste clausole capestro. L’alternativa non c’è mai stata perché il sistema era compatto.

Se andiamo a guardare i flussi di denaro girati intorno ai concessionari, sono arrivati a fondazioni politiche e a partiti. Il sistema era un sistema chiuso e c’erano dentro i ricchi e i potenti, non i problemi dei cittadini. Se ci fossi ancora io al Mit, i privati si sarebbero dovuti adeguare agli standard europei anziché incassare il 60%. Io ho seminato perché oggi si possa raccogliere. Se tutto va bene il 1 gennaio diminuiscono i pedaggi sulle autostrade e aumentano gli investimenti per la sicurezza, spero che la ministra De Micheli porti a casa tutto questo”.

Sul crollo dei viadotti. “I concessionari se la cantavano e se la suonavano. Lo Stato controllava solo le carte dell’autocontrollo che il concessionario stesso si faceva. Noi siamo intervenuti col decreto Genova e abbiamo creato un’agenzia indipendente per cui tra poco tempo ci saranno più di 500 ingegneri che andranno senza preavviso a controllare i piloni, i viadotti, le gallerie e gli imporranno standard di sicurezza, quindi avranno paura a continuare a non fare manutenzione”.

Sui rapporti con De Micheli. “Prima che arrivassi io del Mit non si parlava mai. Quando hanno capito il metodo che stavo attuando, c’è stata un’attenzione particolare nei confronti del Mit e si parlava sempre di cantieri bloccati. Ora il Mit è tornato in una cortina di fumo. Con la De Micheli ci siamo incontrati e lei sa perfettamente che qualsiasi chiarimento su qualsiasi dossier che aveva portato avanti il sottoscritto io sono a disposizione, per adesso non è ancora capitato”.

Sulle ironie nei suoi confronti. “Penso che in questi 2-3 mesi in cui non sono più ministro, si sia capito bene che stavamo facendo un lavoro concreto. Quello delle gaffe sono stupidaggini. Se prendiamo una parola sbagliata e la mandiamo in loop a reti unificate la gente cosa pensa? Il sottoscritto, con tutti i limiti del caso, da grande lavoratore quale è, stava mettendo le mani dentro un sistema. Questi si sono mangiati una certa politica e una certa stampa e quindi Toninelli era nemico pubblico numero uno”.

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