Agenpress. Con il 19 gennaio 2020 si avvicina il 20° anniversario della morte di Bettino Craxi. In quest’occasione in molti andremo ad Hammamet davanti alla sua tomba per commemorarlo.
Su impulso di Stefania Craxi la Fondazione che da lui prende il nome sta preparando una serie di dibattiti lungo tutto il 2020. Ma “il problema Craxi” va molto al di là del “culto della memoria” che giustamente portano avanti la sua famiglia e quell’area politica e culturale che si richiama al socialismo italiano.
Gli errori politici non giustificano il selvaggio attacco giudiziario e mediatico. Paradossalmente su Craxi, nel suo rapporto con il denaro, nella vita che faceva nella realtà ha scritto cose assai giuste un anticraxiano storico, un grande giornalista come Francesco Merlo: “Non c’erano nella vita di Craxi abitudini, beni, vizi e sfoggi da tesoro nascosto… Craxi nello stile era lontano dal modello socialista dell’epoca”. Non bisogna neanche dimenticare che una notevole quantità di soldi fu spesa da Craxi per la solidarietà internazionale ai socialisti spagnoli, portoghesi, greci, ai cileni, in un certo momento anche a Mitterand, e molto (a nostro avviso troppo) fu destinato a Yasser Arafat e all’OLP.
Ma su questo terreno i leaders dell’Internazionale socialista, Felice Gonzales e Guerra in testa, sono stati di una viltà e di una ipocrisia straordinarie: molto più leali e riconoscenti sono stati i leaders arabi come Arafat e Ben Ali che hanno resistito a tutte le pressioni dei governi italiani di centro-sinistra. Certo, poi c’è stata un’altra faccia della medaglia, quello non del finanziamento irregolare, ma della corruzione personale. Su questo tema va fatta un’analisi a 360°.
Per parte sua Craxi commise l’errore di non prendere a calci nel culo quei “parvenu spocchiosi, eleganti e spendaccioni” che furono i “craxini” che spesso lo circondavano e lo adulavano. Ma per parte sua Craxi ha seguito in modo spontaneo la regola sempre ricordata da Francesco Merlo secondo la quale “è davvero difficile trovare nel grande potere delle democrazie occidentali dei veri numeri uno che abbiano approfittato del danaro soprattutto per sé stessi”.
Non a caso Craxi fece alla Camera quel famoso discorso sul finanziamento irregolare dei partiti dove per viltà, per cinismo o per una ragione tattica più di fondo i dirigenti democristiani e comunisti non presero la parola. I democristiani non parlarono perché, seguendo la dottrina Gava, essi ritenevano che dando in pasto ai magistrati Bettino Craxi e i socialisti si sarebbero salvati.
I leader dorotei non avevano letto qualche buon libro sulla Rivoluzione francese: quando la ghigliottina si mette in moto essa ha una sorta di automatismo e non si ferma facilmente. Per parte loro invece i post-comunisti tacquero perché puntavano sul fatto che all’interno del pool il compagno D’Ambrosio avrebbe convinto gli altri colleghi a concentrare il fuoco in altra direzione dal PCI-PDS perché di almeno un’alleanza politica c’era bisogno (la missione riuscì e dopo D’Ambrosio è stato parlamentare del PDS per alcune legislature).
Nel caso dei post-comunisti si è trattato di un calcolo giusto solo nel breve periodo, ma certamente non nel lungo: oggi i post-comunisti del PD sono a tal punto privi di un alleato politico consistente che addirittura alcuni di loro (Zingaretti compreso) hanno delirato sui grillini come possibili “alleati strategici”, ma come esistono “i sogni di una notte di mezza estate” esistono anche “i deliri” dei giorni nuvolosi di mezzo autunno. Se non si riparte dal migliorismo, dal riformismo, in un certo senso dal craxismo, a nostro avviso non c’è futuro per la sinistra italiana. Poi le sardine rappresentano una scossa e una novità fuori dagli schemi, una risposta di base spontanea all’insopportabile imbarbarimento di Salvini, ma per ricostruire un progetto politico e culturale occorre molto altro.
Lo scrive Fabrizio Cicchitto, presidente di Riformismo e Liberta’, ex presidente della commissione affari esteri della Camera dalle pagine de Il Riformista.