Agenpress – “La sensazione che sto vivendo è di profondissimo malessere. Come ho detto in aula ho pagato e sto pagando per ciò che ho fatto, non posso farlo per ciò che non ho fatto”.
Lo dice Gilberto Cavallini, l’ex terrorista dei Nar condannato ieri all’ergastolo dalla Corte d’assise di Bologna per la strage della stazione del capoluogo emiliano del 2 agosto 1980. Cavallini parla a Terni, dove da circa due anni è in regime di semilibertà.
Cavallini può allontanarsi dalla casa di reclusione dalle 8 alle 22, per prestare servizio presso una cooperativa del centro città, dove svolge attività di contabilità.
“Ci sono misteri e discrepanze – dice l’ex Nar – che durante il dibattimento non si sono voluti affrontare. Ma vado però avanti per cercare di portare a galla la verità”. “In questa fase posso solo esprimere cordoglio – afferma ancora Cavallini -, ma non è un’ammissione di colpevolezza. Al pari di tutti gli altri italiani, sono indignato per quanto accaduto ma anche per quello che sta accadendo a me. Qualsiasi altra considerazione non mi compete”.
C’è il mancato ritrovamento del corpo di Maria Fresu, tra gli 85 morti della strage, ma anche la scoperta del lembo facciale di un’altra vittima, l’ottantaseiesima, mai identificata, tra “i misteri e le discrepanze che i giudici della Corte d’assise di Bologna non hanno voluto affrontare”, dice ancora.
“Il frammento è di una persona che era vicinissima alla bomba, se non addirittura che la portava in mano. A chi apparteneva dunque?” si è chiesto ancora Cavallini. “E che fine ha fatto – ha aggiunto – il corpo di Maria Fresu? Sono quesiti ai quali la Corte, che non ha voluto disporre ulteriori perizie, non ha risposto. Così come la procura si è ben guardata di affrontarli. Sono stati il nucleo centrale intorno al quale si è aggrappata la mia difesa per togliere ogni ragionevole dubbio. Ma i giudici dubbi evidentemente non ne avevano”. Dietro alla strage, ipotizza Cavallini, potrebbe esserci stata invece “una frangia filosovietica”.