AgenPress – Susan John, 43 anni, dopo essere stata portata alle Vallette il 22 luglio aveva deciso di non assumere né cibo né acqua. E’ deceduta lo scorso 11 agosto.
Sono state le agenti di polizia penitenziaria in servizio nella sezione femminile a scoprire cosa stesse accadendo e hanno informato il personale sanitario. Alle stesse agenti ripeteva soltanto di voler rivedere il figlio e di tornare in Nigeria.
Il personale medico ha cominciato i controlli ma, a quanto si apprende, la donna rifiutava cure e assistenza. Il 4 agosto, dopo una caduta, era stata portata al pronto soccorso, da dove fu dimessa in poche ore: i medici non riscontrarono criticità e certificarono che non voleva sottoporsi ad accertamenti.
Sarà comunque l’autopsia, che verrà affidata domani, a fare chiarezza. Dopo la morte la donna (alta un metro e sessantasette centimetri) pesava 80 kg.
Susan John era rinchiusa in una cella di una zona della sezione femminile (che non dispone di un vero e proprio reparto di osservazione psichiatrica) riservata a detenute con fragilità mentali o comportamentali. E’ presente un sistema di videosorveglianza h24 di cui si occupa la polizia penitenziaria.
Con ogni probabilità la donna aveva cessato di assumere cibo e acqua già a ridosso del 22 luglio, quando era stata portata in carcere dopo un periodo agli arresti domiciliari (doveva scontare una condanna, con fine pena fissato al 2030, per tratta e immigrazione clandestina inflitta da una corte di Catania). Non aveva però riferito a nessuno di questa sua iniziativa.