I medici e infermieri italiani sono sempre più attratti dall’estero. I dati per Regione

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AgenPress. I medici e infermieri italiani sono sempre più attratti dall’estero. È quanto emerge dagli ultimi dati forniti dall’Associazione medici di origine straniera in Italia (AMSI) e dall’unione medica euro mediterranea (UMEM): sarebbero 6mila le richieste di lavoro da parte dei professionisti della sanità decisi a lasciare l’Italia.
Prima i mondiali di calcio in Qatar e poi i massicci investimenti sulla sanità da parte di alcuni paesi arabi hanno contribuito a intensificare un fenomeno già monitorato da oltre 12 anni e drasticamente aumentati negli ultimi mesi.
“In Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar investono circa il 10% del Pil in sanità ed hanno strutture sanitarie all’avanguardia con tanta innovazione e macchinari ultime generazioni – spiega Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia, dell’Unione medica euro mediterranea, membro registro esperti della Fnomceo e prof. a contratto all’Università Tor Vergata –.
Ma bisogna aggiungere altri fattori: turni massacranti, aggressioni, dover fare ricorso alla medicina difensiva. Medici e infermieri poi lamentano la mancata depenalizzazione dell’atto medico e la difficile valorizzazione della carriera e poco investimenti nella ricerca e per modernizzare le strutture sanitariee poca innovazione, telemedicina e confronti scientifici veri ed apolitici tra scienziati.
E c’è la questione economica: In Emirati Arabi, Qatar e Arabia Saudita e negli Emirati Arabi un medico viene pagato in media 15mila euro mensili, un infermiere 3mila, con compensi che possono anche raddoppiare in base all’esperienza”. Il 2023 ha rappresentato l’anno dei record: “Siamo di fronte ad un vero e proprio vento di malcontento che soffia fortissimo sul nostro Paese”, continua Aodi.
Secondo i dati forniti dall’Amsi e dall’UMEM, di questi 6mila, 4mila sarebbero medici specialisti e medici di famiglia, 2mila professionisti della sanità — il 70% infermieri, 15% fisioterapisti e osteopati, 5% farmacisti, 10% podologi, logopedisti, psicologi, tecnici di laboratorio, tecnici di Radiologia. Più dell’85% delle richieste provengono dalle strutture sanitarie pubbliche.

I dati regione per regione

Secondo le statistiche formulate da Amsi e Umem, la regione con più richieste di trasferimento all’estero è la Lombardia, con 630 casi nel 2023 (di cui 430 medici e 125 infermieri e professionisti della sanità). Seguono il Veneto con 600 e il Piemonte con 550. Non va meglio però per le altre regioni: nel Lazio se ne contano 515, in Campania 475, in Calabria e Emilia-Romagna 450, in Puglia e Sicilia 300, in Toscana 275, in Liguria 250, nelle Marche 225, in Sardegna 200, in Umbria 175, in Trentino-Alto Adige 150, in Abruzzo 105, in Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta 100, in Basilicata e Molise 75.

I medici di origine straniera in Italia

Mentre tanti professionisti italiani provano a cercare fortuna all’estero, negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento di medici di origine straniera in Italia. “Questo grazie ad una stretta collaborazione con il Governo Conte II, che, con il decreto ‘Cura Italia’ ha disposto una deroga alle norme di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie, per consentire l’esercizio sul territorio nazionale a chi ha conseguito una professione sanitaria all’estero – spiega Aodi –. Ne sono arrivati parecchi da Argentina, Venezuela, Cuba, Cile, Perù, Marocco, Tunisia, Giordania, Palestina e Algeria”. Alcuni di essi hanno deciso di rimanere in Italia. Siamo passati negli 4 anni da 77.500 professionisti della sanità di origine straniera in Italia a 100 mila professionisti della sanità stranieri di cui il 40% lavora nel pubblico raddoppiato rispetto a 3 anni che erano solo il 20% che lavoravano nel pubblico. La maggioranza dei professionisti della sanità stranieri sono a Roma e nel Lazio con 8 mila .
 
“Ma questo non basta – fa notare Aodi –. Il continuo esodo dei medici Italiani ci preoccupa. Per questo abbiamo lanciato l’appello ‘Aiutarli a casa loro in Italia’, al quale stanno aderendo più di 130 tra associazioni e sindacati di professionisti della sanità, organizzazioni e associazioni di strutture sanitarie e cliniche private e poliambulatori”.
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