AgenPress – È stato assolto ed è libero Beniamino Zuncheddu, l’uomo in carcere da più di 30 anni per la strage di Cuili is Coccus a Sinnai, in Sardegna, in cui furono uccisi tre pastori nel 1991 e una quarta persona rimase gravemente ferita. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’Appello di Roma al termine del processo di revisione. È stato assolto con la formula “per non aver commesso il fatto”.
L’ex pastore stava scontando una pena all’ergastolo. Il procuratore generale della Corte di Appello di Roma, aveva chiesto l’assoluzione. Zuncheddu, 59 anni, era stato condannato all’ergastolo ed è rimasto in prigione più di 32 anni. Il 25 novembre scorso – su decisione dei giudici della Capitale che hanno accolto la richiesta di sospensione della pena -, era uscito dal carcere e oggi era presente in aula.
Da questo momento Zuncheddu è un uomo libero definitivamente, a distanza di 33 anni da quel gennaio del 1991 nel quale finì in manette per triplice omicidio. Per me “è la fine di un incubo”, ha detto dopo la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma. Alla fine dell’udienza la decisione è stata salutata dagli applausi dei presenti. “Beniamino è una persona incredibile che non meritava quello che ha subito”, ha detto Mauro Trogu, difensore di Zuncheddu. “Abbiamo studiato tanto con i consulenti che mi hanno supportato, ci siamo convinti nell’intimo dell’innocenza di Beniamino: le carte parlavano di prove a carico assolutamente contradditorie, le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove”.
La Corte d’Appello ha, quindi, accolto le richieste del procuratore generale, Francesco Piantoni, che nel corso della requisitoria ha ricostruito trent’anni di vicenda giudiziaria ponendo al centro del suo discorso la credibilità di Luigi Pinna, oggi 62 anni e unico superstite della strage in cui furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.
“In questa vicenda ci sono menzogne durate 30 anni”, ha detto il rappresentate dell’accusa. Il riferimento è al supertestimone Pinna che nel febbraio di quell’anno indicò Zuncheddu, che era stato fermato dalle forze dell’ordine ma dichiaratosi da subito innocente, come il killer del Sinnai.
Un’accusa arrivata dopo che nell’immediatezza dei fatti lo stesso Pinna aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore degli omicidi perché aveva il viso travisato da una calza. Nel corso del processo di revisione , Pinna ha affermato che nel febbraio di 33 anni fa, prima “di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata cosi’: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”.
Il pastore sardo, che all’epoca dei fatti aveva 27 anni, fu accusato dell’omicidio dei 3 da Luigi Pinna, genero di Fadda. L’uomo, rimasto ferito, si trovava con Pusceddu al momento dell’agguato. Il 55enne morì sul colpo mentre Pinna riuscì a sopravvivere. In un primo momento dichiarò di non aver riconosciuto il killer poiché quest’ultimo aveva calato in volto una calza come passamontagna. Successivamente però ritrattò, accusando direttamente Zuncheddu.
Con l’allora 27enne vi erano infatti state delle faide tra pastori. Zuncheddu e la famiglia di Fadda avevano infatti discusso più volte: a detta dell’accusa, vi erano anche state azioni dimostrative come l’uccisione di alcuni animali. L’uomo, condannato in via definitiva all’ergastolo, è rimasto in carcere per 33 anni fino a quando l’avvocato difensore Mauro Trogu ha chiesto alla Procura di riaprire il processo per esaminare nuove prove a favore dell’innocenza dell’imputato.
Era l’8 gennaio del 1991. Nella zona montagnosa di Sinnai, centro in provincia di Cagliari, in un ovile furono uccisi a colpi di fucile Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due. Nell’agguato rimase gravemente ferito anche Luigi Pinna, all’epoca dei fatti 29enne, che è il genero di Fadda. L’attività degli inquirenti puntò dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella degli Zuncheddu che gestivano un altro ovile.
La polizia imboccò questa pista alla luce di alcuni episodi che si erano verificati prima della strage e in particolare l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani nonché le liti da ciò scaturite tra gli allevatori. Secondo quanto cristallizzato dagli investigatori, l’autore della strage arrivò a bordo di uno scooter, con il volto travisato da una calza, e sparò prima a Gesuino Fadda, che si trovava nella strada di accesso all’ovile, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame per fare fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Pusceddu fu invece ucciso mentre si trovava all’interno di una baracca assieme a Pinna.