AvvenireDonnePerlaPace: la commovente lettera del figlio della Premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi

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AgenPress. Kim Aris, il figlio secondogenito della Premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi, ha indirizzato ad Avvenire una lettera dedicata alla madre, un documento unico e intenso che verrà pubblicato su Avvenire domenica 31 marzo all’interno di una pagina speciale dedicata alla campagna di informazione e sensibilizzazione #AvvenireDonnePerlaPace.

Aung San Suu Kyi, quasi 79enne, ha trascorso la sua vita a lottare per la pace, per la democrazia, per i diritti di tutti e in particolare delle donne. Un impegno politico che l’ha spinta a tornare, da giovane donna, da Londra al suo Paese natale, la Birmania. Da quando però, tre anni fa, la dittatura militare di Myanmar ha preso il potere smantellando i risultati dell’attivismo di Aung San Suu Kyi e di molti altri, la Premio Nobel è stata condannata a 33 anni di reclusione: «È il caro prezzo che ha dovuto pagare per la sua protesta pacifica, per aver portato la democrazia nel suo Paese. Tanti in Birmania (Myanmar, ndr) hanno dovuto sopportare molto peggio. Tra questi ci sono milioni di donne e di bambini», spiega il figlio nella lettera indirizzata al quotidiano. E ancora «I molti anni trascorsi ai domiciliari, prima dell’ultimo arresto, l’avranno certo preparata a questo regime, ma sono preoccupato per le sue condizioni considerato che quest’anno compirà 79 anni e che ha problemi di salute. Paure a cui, conoscendola, risponderebbe così: lunica vera prigione è la paura, e l’unica vera libertà è la libertà dalla paura».

La Premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi è una delle tante attiviste a cui Avvenire sta dando voce sulle pagine del quotidiano e sul sito con la campagna di informazione e sensibilizzazione #AvvenireDonnePerlaPace, partita lo scorso 8 marzo. «Sono certo che se fosse libera, Maymay, questo è il termine birmano con cui ci si riferisce alla mamma, avrebbe contribuito con piacere alla vostra iniziativa», ha dichiarato in prima battuta Kim Aris nella sua lettera.

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