AgenPress. «La politica deve darsi una scossa e deve contribuire a combattere l’immigrazione irregolare, solo così potrà essere arginata quella parte di criminalità legata agli stranieri irregolari, ma soprattutto potranno essere evitati fenomeni drammatici come quello del sovraffollamento delle carceri legato alla presenza di stranieri.
Lottare contro l’immigrazione irregolare, come noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire sosteniamo da anni, significa, però, nel contempo, sostenere anche l’integrazione, selezionando accuratamente quei giovani, quelle famiglie, quegli uomini e quelle donne che vengono qui in Italia in cerca di un futuro migliore, animati da spirito propositivo, desiderosi di adeguarsi alle nostre leggi e di condurre una esistenza nel nome della legalità.
Sia chiaro, una volta per tutte, che la criminalità legata ai soggetti di origine straniera, in Italia come in Europa, non è sempre legata all’indole negativa del singolo soggetto.
Nel momento in cui i giovani, provenienti dall’Est Europeo, o per la maggior parte dai paesi Africani, non vengono messi nella condizione di potersi integrare, trovano le porte chiuse, e soprattutto vengono sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli nei primi mesi della loro permanenza (ovviamente questo accade anche da parte di loro connazionali), sono maggiormente portati a delinquere.
Ed è per questo che noi di Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera, accanto a Umem, Unione Medica Euromediterranea, e al Movimento Uniti per Unire, non smetteremo mai di spronare la politica ad agire con maggiore concretezza ed efficienza, promuovendo, da parte nostra, campagne stampa, convegni, dibattiti, percorsi di formazione, come facciamo da anni, dove la parola d’ordine è e sarà sempre “buona immigrazione”.
Naturalmente il nostro Paese può e deve fare molto di più a livello istituzionale, combattendo la discriminazione contro i professionisti, in particolare quelli sanitari, che sono già da tempo lavorativamente attivi qui da noi, e aprendo le porte ai giovani stranieri, che forti di un titolo di solido studio, vogliono integrarsi qui da noi e cominciare una nuova vita. Oltre alla lotta contro la discriminazione, sostenere la “buona immigrazione” vuol dire anche snellire la burocrazia in tutti i campi e per tutti i professionisti».
Con queste parole il Prof. Foad Aodi, Presidente di Amsi, Umem e Uniti per Unire, apre la strada ad una serie di riflessioni che riguardano l’attualità dell’immigrazione in Italia, tema su cui le nostre associazioni dibattono da anni.
Aodi affronta anche il tema del sovraffollamento delle carceri, evidenziando alcuni dati importanti, frutto delle indagini e delle accurate ricerche di Amsi, premettendo innanzitutto che chi delinque va sempre condannato, allo stesso modo che si tratti di un cittadino italiano o straniero.
E’ evidente, però, che, se si creassero le reali condizioni per una integrazione più forte e solida, e per una selezione più rigorosa degli immigrati, sostenendo realmente chi viene da noi per crescere professionalmente e trovare lavoro, e da parte sua intende rispettare le leggi, si ridurrebbe notevolmente la criminalità legata ai soggetti stranieri e con essa anche la delicata questione delle carceri, che secondo Aodi merita un discorso a parte.
Allo stesso modo Aodi sottolinea che va arginato l’esodo incontrollato di stranieri, rafforzando quelle cooperazioni internazionali che sono lo strumento base per aiutare i Paesi più deboli.
Con Amsi, Umem e Uniti per Unire, porta avanti, da anni, le battaglie per invogliare le politiche europee a sostenere sanità, istruzione, economia, agricoltura, artigianato, nelle nazioni più in difficoltà, creando quindi terreno fertile per arginare le fughe incontrollate e aprendo la strada alla possibilità che tanti giovani decidano di rimanere nel proprio Paese.
Nel contempo, ovviamente, va anche combattuta la piaga degli sbarchi, dove a pagare le conseguenze sono, più di tutti, donne e bambini, alla mercé di persone senza scrupoli.
Ecco allora le indagini di Amsi e Uniti per Unire sugli immigrati nelle nostre carceri e in quelle europee. Al 31 marzo 2024 i detenuti stranieri nelle carceri italiane per adulti erano 19.108, pari al 31,3% del totale della popolazione detenuta, una percentuale in lieve calo rispetto agli anni precedenti ma in calo sostanzioso rispetto a quindici anni fa, quando superava il 37%.
Il quindici percento (15%) dei detenuti in Europa è composto da cittadini stranieri, ma questa percentuale è sostanzialmente diversa tra le nazioni. Nei paesi dell’Europa orientale, di solito, è inferiore al 5%, mentre nell’Europa centrale e occidentale varia dal 2% al 70% nei paesi con almeno un milione di abitanti.
E’ dall’Africa, che viene il grosso della popolazione carceraria straniera.
Marocco: 3.600 cittadini nelle carceri italiane, più del 20 per cento di tutti gli stranieri, secondo i dati del governo di giugno. Poi la Tunisia: 1.818 detenuti, il 10 per cento. Nigeria, Egitto a seguire.
«Sono passati anni e anni, denuncia il Prof. Aodi, e gli sbarchi non solo non sono affatto diminuiti, ma hanno portato in Italia poveri ragazzi e donne che, senza avere scelta – per miseria e mancanza di lavoro- si sono visti costretti, per sopravvivere, ad entrare nel circuito della criminalità, affollando le celle delle carceri già al collasso.
Potrebbe essere allora accettabile la proposta del Ministro della Giustizia Nordio, ma va valutata con attenzione, di ridurre il sovraffollamento delle nostre carceri, facendo scontare le pene ai cittadini immigrati nei propri paesi di origine, ma ripetiamo vanno studiati i singoli casi, dal momento che molte realtà carcerarie, in determinate nazioni africane, sono ai limiti della sopportazione umana.
In tal senso, Amsi, da tempo, chiede ai nostri esponenti politici di aumentare il numero dei controlli nelle nostre carceri, per verificare le condizioni di salute dei detenuti, sia italiani che stranieri, dal momento che, ce lo conferma una accurata indagine redatta attraverso i professionisti sanitari, medici, psicologi e infermieri che lavorano nelle nostre case di detenzione, sono sempre più in aumento i casi di tossicodipendenza, di avvenuti suicidio e di soggetti con problematiche psichiche che hanno tentato di togliersi la vita.
Si tratta di persone, di esseri umani, e come tali vanno sostenuti e curati.
Il tasso di avvenuti suicidi in carcere è drammaticamente pari a 8,7 ogni 10.000 persone detenute. Dopo il 2022, l’anno da record con 85 suicidi accertati, il 2023 e il 2024 continuano a registrare numeri impressionanti. Nel 2023 sono state almeno 701 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un Istituto di pena.
I soggetti con problemi di tossicodipendenza nelle carceri, nel 2023, hanno sfiorato il 30%.
I detenuti con problemi psichici che hanno tentato il suicidio sono sempre più in aumento. Il suicidio è la prima causa di decesso nelle nostre carceri.
Così il Prof. Foad Aodi, Esperto in Salute Globale, Presidente di Amsi, Co-Mai e del Movimento Uniti per Unire, nonché Docente di Tor Vergata, membro del Registro Esperti della Fnomceo dal 2002, già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei medici di Roma, nonché Direttore Sanitario del Centro Medico Iris Italia e Membro del Comitato Direttivo AISI.