Telemedicina al via piattaforma nazionale. Ancora divari tra Regioni, il 42% non è pronta

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AMSI, UMEM, AISC NEWS E UNITI PER UNIRE: «BENE IL DECRETO, MA SERVE PIÙ EQUITÀ,MAGGIORI INVESTIMENTI E PIÙ TUTELA AI PROFESSIONISTI»


AgenPress. AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), AISC NEWS (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini) e il Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE accolgono con favore l’approvazione in Conferenza Stato Regioni del decreto che istituisce la Piattaforma nazionale di telemedicina (PNT), ma sottolineano luci e ombre nell’attuazione.

«Il decreto – commenta il Prof. Foad Aodi,  è un passo avanti fondamentale, che recepisce anni di richieste. La telemedicina non sarà più relegata a progetti pilota, ma finalmente parte integrante del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, non possiamo ignorare i forti divari regionali e la necessità di un impegno reale per ridurre le disuguaglianze. Da 25 anni AMSI si batte per una sanità più equa, inclusiva e integrata con i professionisti di origine straniera: chiediamo report costanti e monitoraggi reali».

I dati del nuovo report AISC NEWS – AMSI – UMEM-UNITI per UNIRE
Un’analisi condotta da AISC NEWS in collaborazione con AMSI,UNITI per UNIRE e UMEM evidenzia che:
• 42% delle Regioni presenta carenze gravi nell’attivazione di servizi di telemedicina strutturati.
• Solo 6 Regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lazio e Piemonte) hanno avviato piattaforme già parzialmente integrate con il Fascicolo sanitario elettronico.
• Al Sud e nelle Isole la copertura media dei servizi minimi di telemedicina (televisita, telemonitoraggio, teleconsulto, teleassistenza) non supera il 28% contro il 71% del Centro-Nord.
• In Campania e Sicilia, meno del 20% delle strutture pubbliche ha oggi accesso a sistemi di telemonitoraggio attivi, mentre in Emilia-Romagna la percentuale sale all’82%.
• Sul fronte sicurezza informatica, solo 9 Regioni su 20 hanno già adottato protocolli SPID, CIE e CNS per l’accesso integrato.

Luci e ombre della telemedicina in Italia
Secondo Aodi, la telemedicina rappresenta una grande opportunità per la gestione delle cronicità, la riduzione delle liste d’attesa e il supporto alle aree interne, ma «resta forte il rischio che si amplifichi il divario Nord-Sud se non si garantiscono risorse aggiuntive, una rete infrastrutturale stabile e un piano di formazione per medici, infermieri e operatori sanitari».

Le proposte di Aodi
1 Report trimestrali nazionali sull’implementazione della PNT, con dati aperti e confrontabili.
2 Fondo dedicato per il Sud e le Isole, al di fuori del budget ordinario del Servizio sanitario.
3 Formazione obbligatoria per i professionisti sanitari, inclusi i medici di origine straniera, per garantire un uso efficace e inclusivo delle nuove tecnologie.
4 Task force nazionale permanente presso Agenas, con rappresentanza di tutte le Regioni, per monitorare sicurezza e interoperabilità.
5 Coinvolgimento attivo delle associazioni professionali e dei movimenti civici nella valutazione dell’impatto reale sui cittadini.

I professionisti prima della tecnologia
La telemedicina è un progresso necessario, ma da sola non basta. Non possiamo illuderci che una piattaforma, per quanto avanzata, riesca a garantire qualità e continuità delle cure se non si investe prima nelle persone. Senza una reale valorizzazione economica e contrattuale dei professionisti, senza bloccare le fughe all’estero e senza riavvicinare i giovani a queste carriere fondamentali, il rischio è quello di costruire un sistema moderno solo sulla carta, ma fragile nella sostanza. È l’uomo, con la sua esperienza e la sua capacità di prendersi cura, che deve restare al centro. La tecnologia deve essere un alleato, non un sostituto, e può funzionare solo se chi la utilizza viene messo nelle condizioni di offrire il meglio delle proprie competenze.
In questo senso, AMSI rilancia con forza le sue storiche battaglie: dare dignità e riconoscimento anche ai professionisti della sanità italiani e di origine straniera, che rappresentano un pilastro essenziale del nostro Servizio sanitario e che troppo spesso restano esclusi da percorsi di carriera, stabilizzazione e valorizzazione. Non c’è vera innovazione se non c’è inclusione, e non ci sarà futuro se non rimetteremo al centro le donne e gli uomini che ogni giorno rendono viva la sanità italiana.

Servono tutele mediche e apertura internazionale
«Ritengo, senza mezzi termini, sottolinea il Prof. Foad Aodi – che bisogna perfezionare le criticità ancora presenti, soprattutto sul fronte della responsabilità medica e dell’aspetto medico-legale, per combattere la medicina difensiva e favorire un utilizzo corretto e sicuro della telemedicina. È importante migliorare il provvedimento che disciplina l’erogazione dei servizi minimi – televisita, teleconsulto, telemonitoraggio e teleassistenza – che dovranno essere garantiti in modo uniforme in tutto il Paese. Per questo va sempre tutelato il professionista della sanità, in particolare per quanto riguarda la firma e la responsabilità medica. Inoltre, la telemedicina può contribuire a ridurre le liste d’attesa, contrastare la carenza di personale sanitario, limitare la fuga all’estero dei professionisti, diminuire le aggressioni e lo stress lavorativo. Il mio invito – aggiunge Aodi – è anche ad internazionalizzare di più il Servizio sanitario italiano, promuovendo cooperazione internazionale tramite la telemedicina e insegnando ai colleghi dei Paesi in difficoltà alcune pratiche e buone pratiche, così da rafforzare il livello sanitario mondiale».

Un impegno costante che continua
 «Come AMSI, UMEM, AISC NEWS e Uniti per Unire – conclude Aodi – ribadiamo il nostro impegno a collaborare con le istituzioni, in primis il Ministero della Salute, e con Agenas per monitorare l’attuazione della Piattaforma nazionale di telemedicina, affinché non resti solo una promessa del PNRR ma diventi realtà concreta per tutti i cittadini italiani, senza distinzione di residenza o di condizione sociale».

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