AgenPress. «Oggi stimiamo oltre 23mila strutture private in Italia dirette o gestite da colleghi di origine straniera, tra ambulatori, poliambulatori, centri di fisioterapia e dialisi, odontoiatria, farmacie e studi associati.
Solo nel Lazio si concentra circa il 18% del totale nazionale, in Lombardia il 16%, in Veneto e Emilia-Romagna il 10% ciascuna, in Piemonte l’8%, in Sicilia e Campania il 7% ciascuna, in Calabria il 5%, mentre le restanti quote si distribuiscono tra Puglia (5%), Friuli Venezia Giulia (4%), Sardegna (3%), Trentino-Alto Adige (3%) e Abruzzo (2%). Numeri che mostrano un radicamento crescente e diffuso in tutto il Paese».
Quattro fasi migratorie e una nuova generazione di professionisti
Aodi ricorda le tappe della presenza sanitaria straniera in Italia: dagli anni ’60 alla caduta del Muro di Berlino, quando arrivavano soprattutto studenti da Paesi arabi, africani e mediterranei; poi dal 1989 professionisti già laureati con riconoscimento dei titoli; quindi le ondate dopo la Primavera araba e, infine, l’arrivo di colleghi durante la pandemia e con l’articolo 13 del decreto “Cura Italia”.
«Il 45% dei laureati della prima fase è rimasto in Italia – sottolinea Aodi – e oggi molti di loro hanno cittadinanza italiana, ricoprono ruoli da primari e direttori di dipartimento o sono titolari di strutture private. La seconda generazione prosegue il cammino: figli e figlie diventano medici, fisioterapisti, farmacisti, dietisti, logopedisti. È un patrimonio che arricchisce il Paese e contribuisce al SSN».
Esempio personale e ruolo delle farmacie
Lo stesso Aodi guida quattro centri di riabilitazione e un poliambulatorio, il Centro Medico Iris Italia, gestito insieme ai figli, Nadir Aodi – lui già valente podologo e vice segretario generale dell’Amsi e lei, Letizia Aodi, futura dietista, iscritta alla Cattolica – a conferma di un radicamento familiare e professionale. Accanto a questi, tante farmacie di proprietà di colleghi provenienti da Paesi dell’Est e dal mondo arabo, che ogni giorno servono migliaia di cittadini e creano occupazione.
Un contributo economico e sociale decisivo che va riconosciuto e apprezzato
«Ogni struttura – aggiunge Aodi – non solo offre servizi sanitari, ma crea posti di lavoro e ricchezza. Senza il contributo di questi professionisti, tanti servizi sarebbero chiusi o in difficoltà. Le nostre realtà sono un pilastro della sanità integrata, pubblica e privata, e un presidio fondamentale anche per le comunità più fragili».
Il messaggio finale
«Dopo 25 anni – conclude Aodi – entriamo nella piena seconda stagione: più uniti, più radicati, più internazionali. Come Amsi più che mai, in rappresentanza dei professionisti sanitari di origine straniera di ieri e di oggi, difendiamo la salute globale, valorizziamo i professionisti stessi e promuoviamo cooperazione sanitaria e culturale, con regole uguali per tutti e nel rispetto delle leggi italiane. E rafforziamo la rappresentanza internazionale, con l’ingresso dell’AMSI e di Uniti per Unire nell’L’U.A.P., l’Unione delle maggiori sigle nazionali e regionali degli Ambulatori e Poliambulatori privati autorizzati e privati convenzionati, ai cui vertici c’è la dott.ssa Mariastella Giorlandino e di cui fanno parte anche associazioni come Anisap ed Aisi».
RIEPILOGO STATISTICHE AMSI-AISC NEWS SU POLIAMBULATORI, FARMACIE, STRUTTURE SANITARIE, CENTI DI RIABILITAZIONE GESTITI IN ITALIA DA PROFESSIONISTI STRANIERI IN VESTE DI MEDICI O IMPRENDITORI
Strutture private dirette o gestite da professionisti sanitari di origine straniera in Italia (stime AMSI-Uniti per Unire 2025):
• Totale nazionale: 23.000+ centri (ambulatori, poliambulatori, fisioterapia, dialisi, odontoiatria, farmacie, studi associati).
• Lazio: 18% (~4.100 strutture)
• Lombardia: 16% (~3.700)
• Veneto: 10% (~2.300)
• Emilia-Romagna: 10% (~2.300)
• Piemonte: 8% (~1.800)
• Sicilia: 7% (~1.600)
• Campania: 7% (~1.600)
• Calabria: 5% (~1.150)
• Puglia: 5% (~1.150)
• Friuli Venezia Giulia: 4% (~900)
• Sardegna: 3% (~700)
• Trentino-Alto Adige: 3% (~700)
• Abruzzo: 2% (~450)
Fasi storiche dell’immigrazione sanitaria in Italia:
1 Anni ’60–1989: arrivo studenti da Paesi arabi, africani, Mediterraneo.
2 Dal 1989: professionisti già laureati, poi riconoscimento titoli.
3 Dopo 2011: ondate post-Primavera araba.
4 Dal 2020: pandemia e decreto “Cura Italia”.
