Scudo penale, Aodi (Amsi-Umem): “La medicina difensiva costa 11 miliardi l’anno e penalizza medici e pazienti”

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AgenPress. Con il “Decreto Milleproroghe” arriva l’ennesima proroga temporale dello scudo penale per i professionisti sanitari, una misura che continua, però, a restare transitoria nonostante l’urgenza di una normativa strutturale. Il tema è ora incardinato nel disegno di legge delega A.C. 2700, approvato dal Governo il 4 settembre, presentato il 13 novembre e assegnato alla XII Commissione Affari Sociali della Camera, che ne ha avviato l’esame il 10 dicembre.
Nel dibattito sul futuro della responsabilità professionale sanitaria interviene la rete associativa composta da AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), AISC_NEWS (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini) e dal Movimento Internazionale Uniti per Unire, che da oltre due decenni segue e sostiene l’introduzione di uno scudo penale chiaro e definitivo.
MEDICINA DIFENSIVA: UN COSTO DA 11 MILIARDI DI EURO
Secondo le analisi portate avanti negli anni dalle associazioni, la medicina difensiva rappresenta uno dei principali freni al funzionamento del Servizio sanitario nazionale, con un costo stimato in circa 11 miliardi di euro l’anno. Prescrizioni inutili, esami ridondanti e ricoveri non necessari sono spesso il risultato della paura di contenziosi penali e civili. 
«Una deriva – sottolinea Aodi – che allunga le liste d’attesa, sottrae risorse ai casi realmente urgenti e mina il rapporto di fiducia tra medico e paziente».
MEDICINA DIFENSIVA, PRONTO SOCCORSO SOTTO PRESSIONE E FUGA DEI PROFESSIONISTI
La medicina difensiva continua a produrre un impatto pesantissimo sul sistema sanitario, in particolare nei pronto soccorso, dove l’aumento delle aggressioni e delle denunce facili spinge molti professionisti a prescrivere esami e accertamenti non sempre essenziali. «Si tratta di un meccanismo di autodifesa – spiega Aodi – che genera costi elevati, rallenta le cure e sottrae risorse ai pazienti che ne hanno realmente bisogno». 
Secondo i dati raccolti dalle associazioni della rete, il 39% dei medici e dei professionisti sanitari che contattano AMSI per lavorare all’estero indica la medicina difensiva e la mancanza di tutele come una delle principali motivazioni della scelta, insieme alla percezione di non essere adeguatamente protetti dalle istituzioni.
ITALIA IN RITARDO RISPETTO ALL’EUROPA
Fino ad oggi l’Italia è rimasta tra i pochi Paesi europei privi di una norma chiara che limiti la responsabilità penale ai soli casi di colpa grave, quando il professionista ha rispettato linee guida e buone pratiche cliniche. Il disegno di legge in discussione introduce inoltre l’obbligo per i giudici di valutare il contesto operativo, comprese emergenze, carenze di personale e complessità dei casi. «Non è impunità – evidenzia Aodi – ma buon senso e tutela del diritto alla cura».
UNA BATTAGLIA STORICA DELLE ASSOCIAZIONI E DEL PROF. AODI CON I RISPETTIVI CONSIGLI DIRETTIVI
«Lo scudo penale è una nostra battaglia da oltre 25 anni – afferma Aodi –. Abbiamo denunciato per decenni un sistema che spinge i medici a difendersi in tribunale invece di curare. Il riconoscimento di questo principio rappresenta un passaggio fondamentale per la serenità dei professionisti e la sicurezza dei pazienti».
FUGA DEI MEDICI E NUOVE PRIORITÀ
La responsabilità penale è oggi tra le principali cause della fuga dei medici all’estero, soprattutto nei reparti ad alta complessità come emergenza-urgenza, chirurgia, anestesia, radiologia, ortopedia, pediatria e ostetricia. «Lo scudo penale – conclude Aodi – può contribuire a trattenere e far rientrare competenze, ma va accompagnato da contratti adeguati, maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro, valorizzazione economica e percorsi più rapidi per l’inserimento dei professionisti sanitari di origine straniera».
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