AgenPress – La legge di bilancio va in Aula al Senato senza mandato al relatore. E’ quanto deciso nel corso della seduta della commissione Bilancio di Palazzo Madama, che ha appena concluso i lavori sulla manovra dopo una seduta durata circa mezz’ora.
“Chiedo al presidente di farsi mediatore perché non ci sia più la singola lettura, perché si torni alla doppia lettura dopo il 2018. Era una volontà per la maggioranza di dire questa cosa qui”, ha spiegato il relatore della manovra Guido Liris, capogruppo di FdI in commissione Bilancio al Senato, ha annunciato di aver dato le proprie dimissioni da relatore.
Come già successo alla Camera dei Deputati, sul provvedimento verrà posta la fiducia anche al Senato, ha fatto sapere il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, anche alla luce degli 800 emendamenti presentati dalle opposizioni che nei giorni scorsi hanno protestato con forza contro un esame blindato e senza modifiche, necessario per scongiurare l’esercizio provvisorio. Una prassi che avviene da anni, ma che secondo i senatori è un monocameralismo di fatto “mortifica” ed “umilia” il Parlamento. Il via libera definitivo è atteso per domani, 28 dicembre.
“Taglio del cuneo fiscale, passaggio strutturale a tre aliquote Irpef, soldi veri per la sanità, con 136,5 miliardi nel 2025 e oltre 140 nel 2026. Sono le tre misure principali a sostegno di lavoratori, imprese e sistema sanitario nazionale che rendono questa Manovra finanziaria uno strumento di progettazione politico e fortemente identitario, tracciando finalmente una visione del futuro del Paese”, aveva detto Liris, ricordando “nel caso fossero stati presentati pochi emendamenti, si sarebbe potuto anche pensare di discuterli ed affrontarli, ma visti gli sviluppi e il clima di ostruzione, per motivi di tempo non possiamo permetterci ulteriori esami, pena l’esercizio provvisorio”.
“Come ribadito dalla premier Giorgia Meloni, continuiamo a mantenere gli impegni presi con gli italiani – ha aggiunto il senatore – A cominciare dal taglio del cuneo fiscale, di circa 15 miliardi, che ora diventerà strutturale come chiedevano sindacati e imprese. Si tratta di una precisa scelta politica: mettiamo più soldi nelle tasche dei lavoratori, dopo aver detto basta al reddito di cittadinanza”.