Vertice sui Sistemi Alimentari. Intervento del Presidente Meloni

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AgenPress. Cari colleghi, signore e signori, sono onorata di essere qui oggi per co-presiedere con il Primo Ministro Abiy – che ringrazio ancora per l’accoglienza e per l’amicizia -, il terzo Vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari. È la prima volta che questo Summit si svolge in Africa.

Abbiamo scelto di co-organizzare con il governo etiope questo appuntamento ad Addis Abeba, non solo perché l’Italia è legata all’Etiopia da un rapporto speciale e da una cooperazione pragmatica fondata su progetti e iniziative concrete, ma anche perché riteniamo fondamentale coinvolgere il Continente africano come protagonista nelle scelte e nelle azioni della comunità internazionale. A partire, ovviamente, dalla sfida epocale che è oggetto dei nostri lavori oggi: la sicurezza alimentare. Una sfida di priorità assoluta, come dimostrato dall’ampia e qualificata partecipazione a questo Vertice e dalla presenza della Vicesegretaria Generale delle Nazioni Unite Mohammed, la quale saluto e ringrazio. Nonostante si sia drasticamente ridotta negli ultimi settant’anni, l’insicurezza alimentare globale interessa ancora circa il 10% della popolazione del pianeta.

È una percentuale che si concentra in larga parte qui in Africa, dove una persona su cinque soffre la fame e non ha accesso a cibo sicuro, nutriente e sufficiente per condurre una vita sana. Questo scenario già complesso è stato aggravato dalle crisi che stanno attraversando il mondo.

Mentre ancora lavoravamo per superare lo shock della crisi pandemica, abbiamo dovuto fare i conti con la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, che ha sconvolto i flussi e i processi economici e commerciali, destabilizzato i mercati energetici e alimentato ondate di inflazione, investendo le Nazioni più fragili, soprattutto nel Sud Globale e in Africa. E sappiamo bene che quando le persone non hanno accesso a cibo sufficiente o perdono i mezzi per produrlo, le conseguenze possono essere catastrofiche: la povertà si aggrava, i conflitti si intensificano, le comunità diventano più vulnerabili alla violenza, al terrorismo, alla migrazione forzata. L’insicurezza alimentare è quindi, a tutti gli effetti, una questione politica. Ma non solo. È anche e soprattutto una questione economica.

Commetteremmo un grave errore se ci limitassimo a guardare ai sistemi alimentari con il volto della povertà, della sofferenza, della fame. I sistemi alimentari sono un motore di crescita e di sviluppo, tanto per le Nazioni più fragili quanto per quelle economicamente più solide. Al centro della nostra azione deve esserci quindi lo sviluppo delle comunità nelle quali scegliamo di concentrare i nostri interventi, perché non basta aiutare quelle comunità a produrre il cibo necessario per sfamare la popolazione ma è necessario anche che quel cibo possa essere commercializzato e avere accesso ai mercati, con filiere produttive e distributive solide e resistenti. Solo così riusciremo a mettere quelle comunità nelle condizioni di prosperare con le risorse che possiedono, generando occupazione e una crescita stabile e duratura.

Questo è il punto di vista dell’Italia. Ed è il filo rosso che lega le iniziative e i progetti del Piano Mattei per l’Africa. A partire, ovviamente, dal settore agro-alimentare, ambito nel quale l’Italia può vantare un know-how unico, che coniuga tradizione e innovazione. Noi abbiamo messo questo patrimonio a disposizione dei nostri partner africani, e abbiamo costruito insieme a loro dei partenariati pubblico-privati che attraggono investimenti e garantiscono risultati concreti. Come stiamo sperimentando con successo in Algeria, dove stiamo lavorando per recuperare oltre 36 mila ettari di deserto per produrre fino a 40-45 mila tonnellate di cereali e legumi in più all’anno, creando 6 mila posti di lavoro e generando benefici per oltre 600 mila persone.

Esperimento operativo anche in Senegal, Ghana e Congo, e che ambisce a coinvolgere presto anche Costa d’Avorio e, Presidente Ruto, Kenya. Il nostro è uno schema che sta funzionando anche in Tunisia, dove stiamo rafforzando le capacità e le competenze per l’utilizzo dell’acqua, risorsa attorno al quale si giocherà sempre di più una sfida anche geopolitica e di sovranità. Ma abbiamo scelto di declinare questa visione anche in altri progetti, come quello costruito insieme al Global Gateway dell’Unione europea, che combina risorse finanziarie europee e capitali privati per sostenere lo sviluppo delle filiere produttive del caffè in diverse Nazioni africane. E poi c’è, naturalmente, la centralità della formazione tecnica e scientifica, determinante per fare la differenza e che va inserita in una logica di filiera, dal seme fino alla distribuzione dei prodotti. In questo ambito, appena pochi giorni fa, abbiamo sottoscritto l’accordo per il Polo di formazione professionale agricola che nascerà in Algeria e che servirà da punto di riferimento per il Sahel e per l’Africa intera. Il nostro obiettivo – lo abbiamo detto in molte occasioni – non è quello di creare dipendenza, ma di sostenere l’autosufficienza.

È un traguardo che passa anche da quello che siamo soliti indicare con il termine di “sovranità alimentare”, ovvero il diritto di un popolo di plasmare il proprio modello produttivo sulla base della sua identità. Sovranità alimentare significa non assecondare il processo di standardizzazione nella produzione di cibo – che riduce la qualità e verticalizza la ricchezza -, ma investire, invece, nella valorizzazione delle produzioni locali e di qualità. I piccoli e medi agricoltori e le loro famiglie sono l’ossatura fondamentale dei sistemi agricoli e ambientali.

Sono loro i primi custodi dell’ambiente e devono essere messi nelle condizioni di vivere con dignità, riconoscendone il lavoro in modo giusto. Ecco perché l’Italia – con la sua rete istituzionale, di imprese e consorzi di tutela – è pronta a fare la propria parte per favorire l’esportazione delle Indicazioni Geografiche africane nei mercati europei e globali, costruendo reti di promozione e distribuzione. Cara Vicesegretaria Mohammed, caro Primo Ministro Abiy, colleghi, Cicerone, uno dei più importanti letterati dell’Antica Roma, diceva che “di tutte le arti dalle quali si ricava qualche profitto, nessuna è migliore dell’agricoltura, nessuna più redditizia, nessuna più dolce, nessuna più degna di un uomo, e di un uomo libero”. A distanza di millenni, questo insegnamento è ancora valido e ci indica la strada da seguire. Il cibo è un diritto, un’espressione culturale, il pilastro dell’identità e della sovranità di una Nazione. Ma è anche il primo tassello per essere davvero liberi, indipendenti e padroni del proprio destino.

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