AgenPress. Questo G20, come molti hanno detto prima di me, si tiene per la prima volta in Africa, il che a mio avviso lo rende particolarmente simbolico, ma alla fine è impossibile parlare di un modello di cooperazione e sviluppo per il futuro senza l’Africa.
Altri prima di me hanno parlato di questo ‘spirito di Ubuntu’, parte della cultura di questa Nazione, secondo il quale noi “definiamo ciò che siamo in relazione all’altro”. Sono ovviamente d’accordo ma vorrei aggiungere che, nel mondo interconnesso che viviamo, noi cresciamo, o arretriamo, in relazione all’altro. Lo abbiamo visto molto chiaramente in questi ultimi anni, con gli effetti del cambiamento climatico, della crisi pandemica, dell’ingiustificata guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, e voglio dire che l’Italia è pronta a lavorare con i suoi partner europei e americani per raggiungere una pace giusta, così come l’Italia sta già contribuendo in Medio Oriente a consolidare un risultato fragile ma molto importante. Ad ogni modo, sappiamo che questi fenomeni hanno impattato ben oltre i confini nei quali si consumavano.
Per questo è inevitabile la cooperazione, ed è per questo che serve una crescita basata su regole condivise, e relazioni commerciali realmente eque. Ora conosciamo molto bene gli effetti reali della globalizzazione sfrenata, molto distanti da quelli che ne venivano decantati. Ha verticalizzato e concentrato la ricchezza, ha moltiplicato la povertà e ha indebolito la democrazia e le reti di protezione sociale. E sono errori che non possiamo ripetere. L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha bisogno di essere ripensata, e deve essere chiaro a tutti che i partenariati sono reali solo quando sono paritari e generano benefici a tutti gli attori coinvolti.
Questa è la filosofia che ha guidato l’Italia attraverso la lente del Piano Mattei per l’Africa. Un modo nuovo di guardare al continente africano, non come un problema ma come una opportunità; non fare lezioni dall’alto verso il basso, ma con rispetto. Si tratta di un’iniziativa che coinvolge già 14 Nazioni africane – numero che intendiamo aumentare ogni anno – e che può contare su sinergie ben strutturate con l’Unione Africana, le Nazioni Unite, le istituzioni finanziarie internazionali e l’Unione Europea con il Global Gateway.
I risultati che sta producendo sono fatti. Penso al Corridoio di Lobito tra Angola e Zambia per collegare e far prosperare regioni oggi isolate, al quale stiamo dando un contributo importante. Penso all’apertura a Roma dell’AI Hub for Sustainable Development, che coinvolgerà centinaia di start-up africane per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Penso all’utilizzo delle acque reflue nell’ambizioso progetto TANIT in Tunisia per il recupero di terreni improduttivi.
Le priorità sulle quali investiamo sono condivise con le Nazioni africane, e sono reali. Salute, agricoltura, acqua, infrastrutture, e soprattutto formazione. Perché nulla si può fare se non si valorizza il capitale umano. Come tutti sanno, penso che nessuno possa davvero pensare di aiutare il continente africano semplicemente accettando che centinaia di migliaia di giovani africani paghino i trafficanti per raggiungere l’Europa. Per questo, insieme alla Nigeria, e in partenariato con la Global Partnership for Education, abbiamo lanciato una campagna per raccogliere 5 miliardi di dollari e migliorare l’istruzione di 750 milioni di bambini in diverse Nazioni.
Ma per costruire un’Africa capace davvero di competere ad armi pari, ovviamente non possiamo ignorare il peso del debito che grava su molte delle Nazioni di questo Continente. L’Italia ha dunque deciso di ridurre, nei prossimi dieci anni, il debito dei Paesi a reddito medio basso del 50% e soprattutto di riconvertire l’intero debito dei Paesi meno sviluppati in piani di investimento per quei Paesi. Una scelta che considero una scelta di giustizia e di responsabilità, che speriamo altri seguiranno.
Crediamo che sia questa la strada giusta per costruire sviluppo, e lo possiamo fare insieme, con umiltà e soprattutto con rispetto dell’altro.
