L’opinione di Roberto Napoletano. Il grande italiano che salvò l’euro

Non sappiamo fare sistema e ci autoflagelliamo come pochi ma senza di lui oggi dell’Europa ci sarebbero solo macerie


Agenpress. Piccolo omaggio domenicale a un grande italiano. Mario Draghi. Ha firmato l’atto risolutore della Grande Crisi. Ha salvato in tempi di guerra l’euro e il lavoro possibile. Ha salvato l’Europa. Tre parole uscite dalla sua testa (whatever it takes, qualunque cosa serve) che sono lui: l’analisi empirica, l’intelligenza politica, il dono della sintesi. Quelle tre parole non sono nel testo consegnato dai ghostwriter, alla conferenza di Londra del 26 luglio 2012, nessuno dei colleghi banchieri centrali ne è informato. Esprimono il coraggio dell’uomo. Rimediano all’errore fatale del suo predecessore, il francese Trichet. Inchiodano la politica europea alle sue responsabilità e fanno di lui paradossalmente insieme il custode massimo dell’indipendenza monetaria e il tutore più rispettato della sovranità europea.

Quest’uomo educato, una capacità unica di concentrazione, ha attraversato gli anni della crisi più dura senza mai perdere la calma e consegna a una donna francese di potere, Christine Lagarde, la “rock star” della finanza internazionale, l’eredità europea più pesante. Lo spartiacque della politica monetaria espansiva, l’uscita dell’Europa dalla dittatura del marco, la leadership non scalfita dalle opposizioni perché racchiude il primato congiunto della visione e della concretezza. Insomma: l’eredità di chi fa il suo e ricorda agli altri – politica, impresa, cittadini – di fare il loro.

Draghi oggi è la faccia riconosciuta dell’Europa nel mondo, il primo a cui tutti pensano da una parte all’altra della terra se pensano al Vecchio Continente. Sono incarichi molto speciali che non si possono scrivere sui bigliettini da visita perché non c’è un ente che li attribuisce. Sono cose che succedono perché hai fatto qualcosa che resta e è quel qualcosa che voglio qui raccontare, di seguito, nei giorni in cui Draghi si appresta a concludere i suoi otto anni di mandato. So di averlo fatto già altre volte, ma so anche che è utile ripeterlo perché la memoria è metà del futuro che sapremo regalarci.

Siamo disposti a comprare tutto ciò che serve e sarà abbastanza”, è bastata questa frase per abbattere la speculazione, sconfiggere il rischio euro e, di riflesso, ridimensionare fortemente il rischio Italia. Il rischio che Draghi deve debellare nell’estate del 2012 è la deflazione europea, prodotto interno lordo e prezzi negativi, la priorità è fare risalire l’inflazione, irrobustire e diffondere la crescita europea. Non è un caso che praticamente mai il presidente della Bce rinuncerà a chiedere agli Stati sovrani di non mollare sulla strada delle riforme strutturali perché la convergenza tra le economie dell’eurozona è la base più solida su cui costruire gli Stati Uniti d’Europa ed è anche la garanzia più concreta che governanti avveduti possano dare ai loro Paesi per evitare che l’aggiustamento della politica monetaria espansiva tra Paesi creditori (Germania) e debitori (Italia e Spagna) avvenga a spese dei prezzi dei titoli sovrani e, di riflesso, della sua comunità di cittadini.

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