AgenPress. Lo ha fatto con la recente Sentenza n. 14712/2020, con cui ha ribadito il principio del preconfezionamento obbligatorio del pane precotto e surgelato, posto in vendita nell’ambito della Grande distribuzione, al fine di distinguerlo correttamente dal pane fresco, così come sancito due mesi or sono dalla stessa Suprema Corte con l’Ordinanza n. 8197/2020, già illustrata e commentata nel dettaglio a cura del nostro Ufficio legislativo.

Nella fattispecie, la Sezione adita ha respinto in via definitiva il ricorso di una Società concessionaria e del suo Amministratore delegato, per accertata commercializzazione senza confezione né etichetta, nel Supermercato appartenente ad una nota catena costituita da centinaia di ulteriori punti vendita, di pane acquistato da una ditta estera ed ottenuto dal completamento, previa cottura, di prodotto parzialmente precotto e surgelato, in violazione delle norme nazionali di cui al combinato disposto tra l’art. 14 comma 4 Legge n. 580/1967 e ss. (Lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari) e l’art. 1 DPR n. 502/1998 e ss. (Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane).

In obiezione alle motivazioni dei ricorrenti, secondo i quali l’obbligo di confezionare il pane precotto sarebbe in contrasto con la libertà di impresa e discriminatorio, poiché imposto dal legislatore per la sola presunta esigenza di evitare qualsivoglia elemento di concorrenza in danno degli artigiani del settore della panificazione tradizionale, la Suprema Corte ha confermato  che per consolidata giurisprudenza costituzionale non sussiste in realtà alcuna violazione del vigente principio della libertà di iniziativa economica privata qualora l’apposizione di limiti generali d’esercizio corrisponda all’utilità sociale, a norma dell’art. 41 comma 2 Della Costituzione purché non appaia arbitraria né utilizzata dal legislatore con misure palesemente incongrue (v. Corte Cost. 31 marzo 2015, n. 56; Corte cost. 21 luglio 2016, n. 203; Corte cost. 24 gennaio 2017, n. 16; Corte cost. 2 marzo 2018, n. 47).

Pertanto, nel caso specifico, sussiste la violazione di legge per mancato confezionamento del pane precotto e congelato, pur avendo il Supermercato informato genericamente i consumatori circa le differenti tipologie di prodotto, tramite relative indicazioni sugli appositi scaffali e sulle microetichette adesive stampate dalla c.d. bilancia “fai da te”.

Tra l’altro i giudici territoriali in grado d’appello, nell’ambito della Sentenza impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione, avevano già sottolineato esaurientemente come la propria decisione fosse stata adottata anche in ottemperanza all’art. 50 Legge n. 146/1992 e ss., nella parte in cui è evidenziata la sostanziale differenza tra il “pane fresco” da un lato, così come va correttamente reputato l’alimento prodotto tramite un processo unico e continuo nell’arco della giornata, ed il “pane conservato” dall’altro lato, il cui processo di produzione viene interrotto al duplice fine di congelarlo e completarne in seguito la cottura.

Inoltre, tra le ulteriori motivazioni dell’istanza, la Società ricorrente chiedeva un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia  UE per presunta violazione del principio comunitario di libera circolazione delle merci, ma la Corte lo ha ritenuto superfluo poiché la predetta limitazione di cui al citato art. 41 della Costituzione in ossequio all’utilità sociale non osta all’importazione od al commercio del pane precotto e surgelato, ancorché di importazione come nella fattispecie.

Pertanto, è da escludere qualsiasi contrasto rispetto agli artt. 28 – 30 del TCE (Trattato istitutivo Comunità Europea) e degli artt. 34 – 36 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), così come non sussiste alcuna disparità di trattamento rispetto al pane fresco poiché si tratta come è noto di due differenti tipologie di prodotto, ottenute con le due distinte e sopra descritte procedure di lavorazione.

Infine, a giudizio della Corte di Cassazione, deve reputarsi irrilevante e comunque non vincolante il testo di una Circolare amministrativa adottata venticinque anni or sono dal Ministero dell’Industria e della Sanità, citata invano dai ricorrenti tra le motivazioni dell’istanza (Nota n. 12963/1995), nella parte in cui avrebbe autorizzato la vendita del pane precotto e surgelato utilizzando al momento dell’acquisto sacchetti affini a quelli destinati a contenere il pane fresco.

In conclusione, la Sentenza della Suprema Corte citata in epigrafe ha ritenuto manifestamente infondate le anzidette motivazioni, addotte nel ricorso della Società GDO ricorrente, confermando il principio secondo cui il preconfezionamento obbligatorio in questione non lede l’iniziativa economica privata, così come non discrimina chi venda il pane precotto e surgelato (nella fattispecie, un Supermercato) rispetto a chi ponga in vendita il pane fresco, ferma restando l’utilità sociale di integrare la vigente etichettatura e cartellonistica informando correttamente il consumatore circa le esatte caratteristiche e le rilevanti qualità del prodotto.