Se vogliamo tornare ad avere nel Mediterraneo quel ruolo che per nostre colpevoli miopie non abbiamo più, è doveroso completare in fretta l’offerta portuale italiana integrata con gli scali continentali di Napoli, Bari, Taranto e Gioia Tauro e con quelli strategici in Sicilia di Augusta e Pozzallo che sono gli hub naturali dei traffici dentro e fuori il Mediterraneo
AgenPress. Sono partito in macchina da Ogliastro Marina nel Cilento diretto a Otranto nel Salento. Ho preso la Basentana da Potenza a Metaponto e mi è venuto in mente Gabriele Pescatore, il mitico presidente della prima Cassa per il Mezzogiorno. Mi si sono parati davanti gli occhi pieni di vita con cui mi racconta la sfida dell’asse logistico della Basentana che deve servire il polo industriale della chimica di Ferrandina e dare una strada di rapido scorrimento per il traffico di merci tra il porto di Taranto e quelli di Napoli e di Salerno.
Bisogna liberare l’economia dagli affaticamenti della vecchia via Appia Melfi-Tricarico-Matera e bisogna cominciare a mettere in rete i grandi porti del Mezzogiorno d’Italia. Arrivo a Taranto che è oggi la città pugliese che custodisce dentro di sé la più potente bomba sociale italiana. A sinistra ci sono le raffinerie. A destra c’è lo scalo portuale con i suoi silos.
Anche qui scatta il campanello dei ricordi. Mi viene in mente Sandro Petriccione, un socialista ostinato di altri tempi, che alcuni decenni fa ebbe la responsabilità di questa area portuale. Pensava in grande Petriccione. Pensava prima. Pensava alla banchina Evergreen, ai grandi traffici internazionali e alla scommessa cinese.
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