Coronavirus. Gimbe. “In Italia meno contagi perché godiamo ancora dei vantaggi del lockdown”

AgenPress – “Come fondazione Gimbe ci siamo sempre occupati di temi sanitari.  Per noi le evidenze scientifiche e i dati dal mondo reale rappresentano i punti da cui partire. Nel caso del covid, abbiamo fatto sentire settimanalmente la nostra voce indipendente andando a leggere ed ad interpretare dati, uscendo dalle dichiarazioni populiste e da ciò che magari la gente voleva sentirsi dire. Dal punto di vista narrativo la comunicazione istituzionale è stata sempre ipotrofica rispetto a quella sui media che alla fine ha preso il sopravvento”.

Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe,  intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus sul covid.

“La pandemia ha bisogno di competenze multidisciplinari, non ci sono soltanto gli aspetti clinici, ma anche quelli epidemiologici, i modelli matematici. Se a maggio-giugno tutti avevano voglia di andare in giro era più facile pensare che non c’era più nulla piuttosto che i contagi erano calati grazie al lockdown. In questo momento, quando qualcuno mi chiede come mai siamo messi molto meglio di altri Paesi, l’unica risposta è che l’Italia ha messo in campo un lockdown più precoce, rigoroso e prolungato.

Noi abbiamo acquisito un vantaggio maggiore rispetto ad altri Paesi nel flettere la curva della prima ondata e questo ci ha dato dei vantaggi nella risalita della cosiddetta seconda ondata. Abbiamo perso un po’ di questo vantaggio durante l’estate, adesso la situazione sembra essersi di nuovo stabilizzata. L’incremento dei casi è dovuto fondamentalmente al fatto che si fanno più tamponi, ma è aumentato in questi mesi il rapporto tra positivi e casi testati. L’espansione del bacino dei casi attualmente positivi da 12mila a 45mila nel giro di due mesi è importante.

Anche se si tratta di casi asintomatici per la maggior parte, quando queste persone incontrano e contagiano persone fragili possono creare danni. I dati dei ricoveri e delle terapie intensive sono in aumento, non è paragonabile allo tsunami di marzo-aprile, perché noi col lockdown siamo ripartiti dal 3 giugno”.

Sulla riapertura degli stadi. “All’aumentare dei contatti sociali aumenta la probabilità del contagio. Il 3 giugno qualcuno l’ha immaginato come una sorta di festa della Liberazione, si è esagerato rispetto alla riapertura, ad esempio delle discoteche. E’ ovvio che bisogna rilanciare anche le attività economiche del Paese. Stadi? Una riapertura del 50% sarebbe una follia. Con mille persone in uno stadio di 80mila, con la distanza e le mascherine, il rischio aumenta di quasi zero, quindi non è quello che ci preoccupa, però bisogna sempre tenere conto del rischio sanitario, bisogna vedere qual è l’accettabilità del rischio rispetto al beneficio economico e sociale.

Sulle restrizioni per chi arriva dalla Francia. “Forse la decisione è arrivata con qualche settimana di ritardo, ma è bene che sia arrivata”.

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