AgenPress. Il Ministro della Giustizia, Bonafede, oggi parla più da capodelegazione che da capo di via Arenula. Non ci stupisce. Sicuramente più felpato e formale di Di Maio nel dipingere il quadro dei rapporti istituzionali tra maggioranza e opposizione, trova un terreno meno accidentato quando si butta, gettando il cuore oltre l’ostacolo, nel descrivere i risultati ottenuti, a suo dire, dai pentastellati – a parlare è la Senatrice di Forza Italia, Fiammetta Modena, membro della commissione giustizia di Palazzo Madama – e così, forse freudianamente, inizia dal super bonus, passa per le politiche attive del lavoro e solo in fondo si “ricorda” della “accelerazione dei tempi della giustizia”.
Dove abbia visto l’acceleratore non è dato sapere. Precipita poi nell’annuncio dei prossimi provvedimenti cardine: forse la riforma del Csm alla quale non dà alcun impulso nonostante la presidenza grillina della Commissione giustizia alla Camera? Forse l’impiego del Recovery per la “struttura digitale e edilizia” della giustizia? Forse i mezzi e il personale messi in campo per gli arretrati che hanno subito una inevitabile impennata causa Covid?
Forse un piano per evitare l’emergenza contagi nelle carceri? Il sognato processo breve e giusto? Le imprese soddisfatte l’efficienza della macchina giustizia e il Pil contento di conseguenza?
Assolutamente no: le nuove frontiere sono una legge sul conflitto di interessi e una legge sulle lobby. Quando, come e dove non si sa.
Ministro – conclude Fiammetta Modena – può anche parlare come capodelegazione. Di solito i capidelegazione portano in dote dei risultati apprezzabili. Non è vecchia scuola politica. E’ normale prudenza. Qualche merito dovrà pure portarlo anche Lei. Se è il primo a non parlare di Giustizia i dubbi fondati sulla gestione del dicastero troveranno una nera conferma”.