AgenPress – La “Loggia Ungheria”, su cui la procura di Perugia sta indagando un’associazione segreta che tentava di condizionare le nomine o che, alternativamente, puntava a creare una macchina del fango per incidere su alcune decisioni. Per ora si tratta solo di ipotesi nate da questa possibile loggia descritta in oltre 10 verbali dell’avvocato Piero Amara, condannato e inquisito per depistaggi contro l’Eni e per episodi di corruzione in atti giudiziari, come ricorda il Corriere della Sera ricostruendo tutta la vicenda. Secondo le accuse mosse da Amara, che ora parla come se fosse una sorta di pentito, questa loggia era costituita da politici, magistrati, avvocati, imprenditori e anche da alcuni dei vertici della polizia.
La vicenda nasce nel 2019, quando Amara, assistito dall’avvocato Salvino Mondello, parla con i magistrati milanesi e accenna a una lista di “40 nomi” appartenenti a questa famigerata Loggia Ungheria. Poi precisa che sarebbe stato possibile trovare “la lista completa a casa di un giudice, oppure chiederla a Calafiore che la custodisce all’estero”. Ma una perquisizione a Calafiore – per altri motivi – non porta al ritrovamento della lista. I riferimenti alla Loggia Ungheria, invece, si trovano nel computer di Amara, in degli appunti scritti da lui stesso. Amara parla di annotazioni sugli accordi per le nomine negli uffici giudiziari e per concludere alcuni affari in cui avrebbe fatto da mediatore: è difficile, però, capire se qualcosa di quanto raccontato sia realmente avvenuto.
Sul caso della presunta loggia la Procura di Milano già un anno fa, il 9 maggio 2020, aveva iscritto per associazione segreta l’avvocato siciliano Piero Amara, proprio colui che aveva parlato ai pm milanesi dell’organizzazione che condizionava nomine in magistratura e negli incarichi pubblici, il suo ex collaboratore Alessandro Ferraro e il suo ex socio Giuseppe Calafiore. Il fascicolo, che sta creando una nuova bufera tra le toghe, è stato trasmesso per competenza alla Procura di Perugia lo scorso dicembre dopo una riunione dopo l’estate con Raffaele Cantone.
Rispetto alla lettura che arriva dalla ricostruzione del pm Storari, un tempo titolare con l’aggiunto Laura Pedio dell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’ in cui i tre sono già indagati, tra i vertici del quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano viene data una versione diversa della vicenda. Si racconta che il pm avrebbe voluto iscrivere nel registro degli indagati 6 persone, mentre il procuratore Francesco Greco e l’aggiunto Pedio, prima di procedere, avrebbero ritenuto opportuno fare accertamenti.
E poi, era la domanda, perché solo 6 e non tutte le 74 persone che, secondo Amara, avrebbero fatto parte di questa presunta associazione segreta? Inoltre, si parla di accertamenti avvenuti nei mesi in cui invece Storari ha lamentato l’inerzia sulle indagini e della richiesta, inascoltata, da parte di Greco di una consulenza tecnica su alcuni computer degli inquirenti milanesi per verificare come l’ex dirigente Eni in Nigeria Vincenzo Armanna si fosse procurato quelle due paginette dei verbali di Amara per ‘sventolarli’ in un interrogatorio che risale al febbraio scorso proprio davanti a Pedio e Storari.