AgenPress – Nella Conferenza Internazionale sulle Terre Aride, i Deserti e la Desertificazione, promossa nel 2020 dall’Università Ben Gurion in Israele, si è affermato che, nel mondo, ogni ora vanno persi 1300 ettari di terra coltivabile, a causa di siccità e desertificazione.
Secondo l’Atlante Mondiale sulla Desertificazione, oltre il 75% della superficie terrestre è già degradata e questa percentuale potrebbe raggiungere il 90% nel 2050.
Nell’Unione Europea l’8% del territorio, interessante 13 Stati, è a rischio desertificazione; le zone più esposte sono in Spagna, Sud Italia, , Malta, Cipro, SudEst della Grecia e nelle aree di Bulgaria e Romania, che si affacciano sul Mar Nero; nella nostra Penisola, a rischio è il 20% della superficie totale.
La Corte dei Conti europea ha stimato che, nel Vecchio Continente, le aree meridionali, centrali e orientali a rischio elevato o molto elevato, dal 2008 al 2017 sono aumentate di 177.000 kilometri quadrati, pari al 10,6% ,arrivando ad un totale di kmq. 645.000 a rischio alto o molto alto.
“Questi dati confermano l’importanza dell’impegno che ANBI, attraverso Irrigants d’Europe, sta profondendo, affinché a Bruxelles non prevalgano posizioni di ambientalismo fondamentalista, che avrebbero conseguenze pesantissime per l’ecosistema dei nostri territori, ad iniziare da una pedissequa applicazione della normativa sul Deflusso Ecologico, per la quale ribadiamo la necessità di una moratoria, che permetta di adeguare il sistema idrico ai condivisi obbiettivi di sostenibilità, che ci si prefigge” afferma Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
In questo quadro, secondo i dati settimanalmente elaborati dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, è sempre l’Emilia Romagna a dimostrare un sorprendente trend a rischio. Oltre al fiume Po che, pur in ripresa, resta ad un terzo della portata del 2020 e sempre sotto la media storica, tutti gli altri corsi d’acqua soffrono o addirittura precipitano nei livelli, come il Reno e l’Enza, che scende di nuovo sotto il minimo storico. Un anno fa, dopo un mese piovoso erano tutti abbondantemente sopra la media e, nonostante ciò, soffrirono abbondantemente nei mesi estivi! Esemplare è la situazione dei territori costieri romagnoli adiacenti al Reno: a Nord, dall’inizio dell’anno sono caduti mm. 359.8 di pioggia, inferiori addirittura al livello del siccitoso 2017, il solo inferiore (mm.390,4) alla poca pioggia finora caduta anche nei territori a Sud del fiume (mm.407,3). Tale dato, di cui sono conseguenza le portate esangui dei fiumi e la collegata risalita del cuneo salino, unito alle analoghe situazioni di criticità idrica, presenti in Abruzzo e Marche, conferma l’ormai conclamata aridità lungo la dorsale adriatica.
In Abruzzo, il Maggio 2021 è stato un mese estremamente secco, soprattutto nei territori prossimi alla costa pescarese e chietina, dove si registra un deficit pluviometrico fino al 97% rispetto alla media storica. Nelle Marche, i livelli di fiumi ed invasi continuano a scendere, cosicché il Sentino è molto vicino al minimo storico.
“Di fronte alla situazione, che si delinea, è fondamentale la funzione ecosistemica dei 200.000 chilometri del reticolo idraulico, che innerva la Penisola e che abbisogna di essere adeguato alla nuova realtà dettata dalla crisi climatica. Il nostro Piano per l’Efficientamento della Rete Idraulica prevede 729 interventi di manutenzione straordinaria, sulla base di progetti definitivi ed esecutivi, capaci di attivare quasi 12.000 posti di lavoro, grazie ad un investimento di circa 2 miliardi e 365 milioni di euro” aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Degna di attenzione è l’analisi dei dati della Sardegna, i cui invasi registrano quest’anno una situazione mediamente positiva. Se, però, si osservano i dati 2010-2015, la media dei volumi calcolati nel mese di maggio è pari a 1652,06 milioni di metri cubi, scesa a Mmc. 1446,56 nei 6 anni successivi (2016-2021), vale a dire che la disponibilità idrica mensile è calata mediamente di 205,5 milioni di metri cubi; mica poco!
Ulteriore conferma del crescente trend siccitoso arriva dalla Sicilia: nei 4 bacini presenti in provincia di Palermo si è persa, nei 6 anni più recenti, una disponibilità d’acqua mediamente pari 68,43 milioni di metri cubi.
Nel resto d’Italia la situazione si conferma “a macchia di leopardo”.
I grandi laghi del Nord sono in crescita (tranne il Garda) e l’Iseo è sempre più vicino al massimo storico.
In Val d’Aosta Dora Baltea sale, mentre il torrente Lys scende.
I fiumi piemontesi crescono, tranne il Sesia ed il Pesio.
In Lombardia aumentano le portate del fiume Adda, pur rimanendo inferiori a quelle degli anni scorsi.
In Veneto, solo il fiume Adige non cala di livello.
In Toscana sono largamente deficitari gli apporti idrici dei fiumi Serchio, Ombrone ed Arno.
In Centro Italia, il lago Trasimeno si mantiene su livelli inferiori rispetto al passato mentre, nel Lazio, sono positivi gli andamenti dei fiumi Tevere, Liri e Sacco, così come del lago di Nemi, mentre stabile è il bacino di Bracciano.
In ripresa è la condizione idrica della Campania mentre, per l’uso a fini irrigui, prosegue l’inevitabile calo delle riserve idriche nei bacini della Basilicata (in una settimana, -4 milioni di metri cubi ca.), mentre in Puglia il calo è di circa nove milioni di metri cubi.