AgenPress – “Buona discussione sull’energia con i membri del Collegio. Sono stati compiuti buoni progressi nell’attuazione della tabella di marcia per affrontare i prezzi elevati dell’energia presentata ai leader al vertice informale di Praga. Approveremo un altro pacchetto di proposte legislative alla prossima riunione del Collegio, martedì”. Lo ha scritto su Twitter la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pubblicando una foto della riunione, avvenuta in formato digitale.
La proposta, stando alle indiscrezioni della vigilia, non affronterà direttamente il tema del ‘price cap’ al gas, al contrario di quanto ipotizzato da un certo numero di Paesi tra cui l’Italia, poiché a livello dei leader non si è trovata la quadra e continua a prevalere la linea della Germania. La proposta della Commissione finirà direttamente sul tavolo dei 27 leader europei riuniti il 20 e 21 ottobre per il Consiglio.
Il 25 ottobre poi il Consiglio Affari Energia tornerà però a esprimersi sulla proposta legislativa, che potrà avere luce verde solo a novembre, quando la presidenza ceca convocherà un nuova riunione straordinaria dei ministri dell’Energia. Un parto podalico che illustra bene tutte le tensioni serpeggianti tra le capitali. Il pacchetto a cui sta lavorando l’esecutivo Ue dovrebbe contenere un rafforzamento della piattaforma di acquisti comuni, a cui anche l’industria sarà invitata a prendere parte nonché un intervento per arginare l’eccessiva volatilità del Ttf, che la stessa von der Leyen ha definito “costruito per altre esigenze”.
Un meccanismo possibile, citato anche in un non paper siglato da Olanda e Germania, potrebbe essere quella dei ‘circuit breakers’, interruttori automatici che scattano se i prezzi superano un certo limite. L’altro aspetto è quello dei risparmi dei consumi (del 15%) previsti in ogni Paese membro. Per ora sono volontari e giusto ieri sono arrivati dagli Stati i dati sui risultati.
Se l’approccio ‘leggero’ ha portato i suoi frutti bene. Altrimenti si valuterà se calcare di più la mano. Infine i negoziati con i Paesi fornitori ‘amici’ – una su tutti al momento la Norvegia – per avere prezzi più contenuti. E sullo sfondo restano anche le ipotesi, che al momento sembrano destinate a rimanere tali, sulla possibilità di ricorrere a strumenti di debito comune – una specie di Sure 2.0 – per affrontare l’emergenza.