Ucraina. Commissaria tutela bambini. Per rapirli truppe russe disposte ad uccidere i genitori

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AgenPress – Le forze russe arrivano anche a uccidere i genitori dei bambini ucraini per rapire i loro figli e portarli in Russia illegalmente.

Lo ha detto la commissaria per i diritti dei bambini della presidenza ucraina, Daria Gerasimchuk, in un’intervista esclusiva all’emittente tv 24 Kanal.

Gerasimchuk ha delineato cinque scenari di come la Russia rapisce i bambini ucraini. Nel primo scenario, i genitori vengono detenuti per vari motivi – spesso senza alcun motivo – ed i bambini vengono immediatamente allontanati dalla famiglia: prima vengono portati nei territori occupati e poi vengono deportati in Russia.

Il secondo scenario prevede il rapimento dei piccoli direttamente dalle loro famiglie biologiche. In questo caso gli adulti “scomodi”, cioè che “non vogliono collaborare con gli occupanti”, vengono privati “della loro responsabilità genitoriale secondo alcune leggi inventate dalle autorità di occupazione”.

Il terzo metodo presuppone che i russi uccidano i genitori e portino via i bambini che sono rimasti con parenti e amici dalla famiglia. “Questo è accaduto, ad esempio, ai primi due bambini che siamo riusciti a riportare (in Ucraina) – ha spiegato Gerasimchuk -. Erano Ilya Matvienko e Kira Obedynska. Il ragazzo è stato gravemente ferito a una gamba e sua madre è morta tra le sue braccia. Kira ha perso suo padre proprio davanti ai suoi occhi mentre cercava di andare a prendere l’acqua. E, infatti, i russi hanno portato questi bambini rapiti a Donetsk, preparandosi per la deportazione in Russia”.

Nel quarto scenario i russi non consentono alle autorità ucraine di trarre in salvo quei bambini che si trovano nelle strutture di accoglienza istituzionali nei territori occupati. Ma il metodo più utilizzato prevede che i russi portino via i bambini per la cosiddetta “riabilitazione”. In primo luogo, ha spiegato Gerasimchuk, le forze russe creano condizioni nei territori occupati assolutamente inadatte alla vita di un bambino. Successivamente, offrono ai genitori di concedere “volontariamente” al bambino una cosiddetta vacanza di tre settimane o un mese, ma in realtà nessuno viene restituito.

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