In Italia quasi 15 milioni di bambini, bambine e donne vivono in Regioni che non garantiscono adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità economiche e partecipazione sociale e politica
AgenPress. La Regione Lazio è solo ottava per inclusione di donne, bambini e bambine, con circa 252mila minori che vivono a rischio di esclusione sociale, più di 1 su 4. Il livello di inclusione nella Regione è quindi giudicato “insufficiente”.
Lo rileva il report “Mai più invisibili 2023”, a cura di WeWorld – organizzazione italiana impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, compresa l’Italia – che analizza l’inclusione di donne, bambini e bambine nel nostro Paese attraverso 30 indicatori, con una visione ampia, dinamica, personale e sociale, intersezionale e universale dello sviluppo.
Per quanto la Regione sia peggiorata (dal quarto all’ottavo posto), nella classifica generale, in un quadro complessivamente in peggioramento in tutta la Penisola, risulta però tra le migliori per quanto riguarda i servizi per bambini e bambine: in Lazio, infatti, viene autorizzato più di 1 posto su 3 nei servizi della prima infanzia, uno dei risultati migliori in Italia.
Bene anche gli indicatori relativi alla disponibilità di tecnologie digitali: in Lazio, il 75% delle famiglie dispone di almeno un pc e della connessione Internet a casa. Il risultato migliore del Paese, che ha una media del 69,7%. Pesa, sull’inclusione delle donne, la scarsa partecipazione politica: la quota di donne elette in Lazio alle elezioni nazionali è infatti scesa dal 40,2% nel 2018 al 27,3% del 2022.
Peggiora invece la performance del Lazio nel sottoindice di “contesto” (condizioni ambientali, abitative, sicurezza e protezione di donne e minori, violenza contro donne e bambini/e): nel 2018 era 4a, nel 2023 non figura tra le prime cinque Regioni per questi ambiti.
A livello nazionale, tuttavia, il report fotografa un quadro complicato pressoché in ogni Regione, con poche eccezioni, tra cui la Provincia autonoma di Trento e la Valle d’Aosta, le sole che garantiscono livelli di inclusione sufficienti per donne, bambine/i e adolescenti.
L’Italia, infatti, sta ancora scontando le conseguenze dovute alla pandemia e alle successive crisi economiche e sociali, che hanno peggiorato la situazione nazionale in merito all’inclusione di donne e bambine/i. In Italia oggi sono quasi 15 milioni i bambini, bambine e donne che vivono in regioni che non garantiscono un adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità economiche e partecipazione sociale e politica. Sono bambini, bambine e donne che vivono in contesti di esclusione grave e molto grave, un dato allarmante che mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
L’Indice fotografa un Paese non ancora in grado di garantire piena protezione e promozione dei diritti di donne, bambine, bambini e adolescenti. Secondo il Rapporto, infatti, l’Italia continua a vivere in una situazione di stallo: da un lato il divario territoriale tra Sud e Nord non viene colmato e dall’altro, le Regioni in partenza più virtuose, che assicuravano già livelli base di inclusione maggiori, non sono riuscite a raggiungere traguardi più ambiziosi, in alcuni casi anche peggiorando la propria performance. In generale, per donne, bambine e bambini lo svantaggio deriva dalla discriminazione che subiscono non solo come donne e minori, ma anche perché appartenenti ad altri gruppi sociali soggetti a pregiudizi (per etnia, classe sociale, orientamento religioso e sessuale).
Ogni Regione, anche quelle che risultano più in alto in classifica, è caratterizzata da forme di disuguaglianza interne. Nelle Regioni dove il grado di esclusione risulta grave o molto grave, queste disuguaglianze si acuiscono, creando un divario enorme tra coloro che hanno pieno accesso ai proprio diritti e chi nasce in contesti svantaggiati dove anche l’accesso a esperienze educative di qualità o l’occupazione femminile e le politiche inclusive di conciliazione vita lavoro sono quasi un miraggio.
“La pandemia e le crisi che si sono intrecciate negli ultimi anni hanno ulteriormente peggiorato le condizioni di chi già viveva in condizioni di fragilità, come donne, bambini/e e adolescenti, con il rischio che divari e disuguaglianze diventino incolmabili” commenta Marco Chiesara, Presidente di WeWorld. “Per invertire la rotta servono interventi tempestivi, che sappiano innescare un cambiamento sostanziale attraverso la trasformazione delle norme sociali, culturali e giuridiche. Non basta però lavorare con le realtà locali, le persone e le comunità: servono interventi strutturali, politiche attente al genere e alle generazioni più giovani che introducano strumenti per favorire l’empowerment di donne e bambini/e; serve, soprattutto, costruire una visione del mondo e della società che non sia più maschio-centrica e patriarcale”.
IL REPORT: HIGHLIGHTS
Dal 2018 al 2023, il valore dell’Indice è cresciuto solo di 0,2 punti, passando da 55,6 a 55,8 e rientrando nella categoria di “inclusione insufficiente”. Nel 2023, l’Italia è peggiorata soprattutto per quanto riguarda le opportunità economiche e la partecipazione politica delle donne, mentre la condizione di bambini/e e adolescenti è peggiorata nelle dimensioni dell’istruzione, della salute e del capitale umano.
Classifica per Regione
Le prime cinque Regioni in Italia per inclusione di donne, bambini e bambine, secondo il report di WeWorld, sono Provincia autonoma di Trento, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna. Ottava il Lazio, nona la già citata Lombardia.
Fanalino di coda, le Regioni del Sud, dove dal 2018 è aumentata la quota di minori a rischio di esclusione sociale (da 39% a 43%: ciò significa che al Sud e nelle Isole più di 4 minori su 10 sono a rischio di esclusione sociale), per un totale di 1 milione e 377mila bambine e bambini.
Dal 2018 a oggi, Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata continuano a essere le ultime cinque Regioni italiane per inclusione di donne, bambine e bambini. In Calabria, la Regione più povera d’Italia con 2 famiglie su 10 sotto la soglia di povertà e un PIL pro-capite pari a 17.600 euro (contro una media nazionale di 30.100), il 43% di minori è a rischio di esclusione sociale, contro una media italiana del 27,7%; nel 2022, in Calabria i posti autorizzati nei servizi per prima infanzia sono solo 12 su 100, contro una media nazionale di 27.
La Campania è la regione in cui si registra la più alta percentuale di minori a rischio di esclusione sociale: 58,5% nel 2022, cioè circa 570mila bambini/e; con 11 posti autorizzati nei servizi per la prima infanzia ogni 100 bambini/e, registra il risultato più basso di tutto il Paese.
La Sicilia registra il tasso di abbandono scolastico più alto del Paese, 21,2%, contro una media nazionale del 12,7%.
In Sicilia si registra la percentuale più bassa di donne laureate o in apprendimento permanente: rispettivamente 22,6% (media nazionale del 33,3%) e 6,8% (media nazionale del 10%).
In Basilicata, fanalino di coda dell’Indice di WeWorld, 1 minore su 3 è a rischio di esclusione sociale; nel 2022, 4 studenti di terza media su 10 (40%) non hanno competenze alfabetiche adeguate e 5 su 10 (48,9%) numeriche. Nel 2022, la differenza tra tasso di occupazione femminile e maschile era di circa il 25%, contro una media nazionale del 18%.
Buone notizie
- Il Molise registra il tasso di abbandono scolastico più basso d’Italia: 7,6% contro una media nazionale di 12,7%.
- Il Friuli-Venezia Giulia è la regione con la minor quota di famiglie che vivono in condizioni di deprivazione abitativa: 2,3% contro una media nazionale del 5,9%.
- Nelle Marche, tra il 2018 e il 2022, la quota di minori a rischio esclusione sociale è diminuita di più di 10 punti: da 19,4 a 9,27%; in Piemonte da 22,5 a 18,7% (più di 116mila minori), contro una media nazionale del 27,7%.
Highlights generali
- In Italia, quasi 1 minore su 3 (29%) e 4 donne su 10 (38%) vivono in regioni caratterizzate da forme di esclusione grave o molto grave.
- Sono 15 milioni i bambini, bambine e donne che vivono in regioni che non garantiscono un adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità economiche e partecipazione sociale e politica.
- La Provincia autonoma di Trento e la Valle d’Aosta sono gli unici territori che garantiscono livelli di inclusione sufficienti per donne, bambine/i e adolescenti.
- Bambini/e: Per quanto riguarda il sottoindice dei Bambini/e, tra il 2018 e il 2023 l’Italia è peggiorata di 4,8 punti (da 54,3 a 49,5) rientrando, così, nel livello di “esclusione grave”. Di questo passo, serviranno 56 anni per garantire adeguati livelli di inclusione a bambine, bambini e adolescenti.
- Donne: Per il sottoindice delle Donne, tra 2018 e 2023 l’Italia è migliorata di soli 1,4 punti (da 49 a 50,4) rientrando, così, nel gruppo di “esclusione grave”. Di questo passo, serviranno 99 anni per garantire alle donne adeguati livelli di inclusione.
- Istruzione: Anche a causa degli effetti ripetuti dei lockdown, dal 2018 al 2022 la dimensione dell’istruzione ha subito un peggioramento generale in tutto il Paese. La percentuale di studenti di terza media con competenze alfabetiche e numeriche non adeguate è salita in media al 38,17% e al 42,17%. Questo vuol dire che, a oggi, quasi 4 studenti di terza media su 10 non hanno competenze adeguate in italiano e più di 4 su 10 in matematica.
- Partecipazione politica delle donne: con l’eccezione del Nord-est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e le Province Autonome di Bolzano e Trento) la partecipazione politica delle donne ha registrato un peggioramento, in particolare con riferimento alla loro rappresentanza a livello nazionale. In tutte le altre aree, infatti, il tasso medio di donne elette in Parlamento diminuisce dal 35% nel 2018 al 31% nel 2022.