Decreto lavoro. Via libera dell’Aula del Senato, passa alla Camera. Introdotto l’Assegno di inclusione dal 1° gennaio 2024

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AgenPress – L’Aula del Senato ha approvato con 96 sì, 55 no e 10 astenuti il decreto legge lavoro, approvato lo scorso 1° maggio dal Consiglio dei ministri. Il provvedimento, che deve essere convertito in legge entro il 3 luglio, passa all’esame della Camera. Si sono dichiarati a favore i gruppi di maggioranza; contrari Pd, M5S e Avs; astenuti Az/Iv e Autonomie.

Il decreto legge introduce l’Assegno di inclusione (Adi) dal 1° gennaio 2024, in sostituzione del Reddito di cittadinanza abrogato dalla legge di Bilancio a decorrere dalla stessa data. Il provvedimento inoltre incrementa il taglio cuneo fiscale dal 1° luglio al 31 dicembre.

Nel corso dell’esame in Commissione e in Aula a Palazzo Madama sono state introdotte alcune novità, come la proroga dello smart working per i lavoratori fragili e i genitori di figli under-14 nel privato fino a fine anno e per i fragili della Pa fino al 30 settembre. Inoltre è stato previsto che oltre alla proroga sarà possibile anche il rinnovo senza causali dei contratti a termine, entro i 12 mesi. Sui fringe benefit resta l’incremento a 3mila euro per i dipendenti con figli ma è stato chiarito che l’esenzione riguarda anche la parte contributiva oltre che fiscale.

Dal 2024 il reddito di cittadinanza verrà sostituito dall’assegno unico di inclusione.In particolare, l’assegno è volto al sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, fino a un massimo di 7.650 €

Avrà queste caratteristiche:

  • verrà erogato per un periodo non superiore ai 18 mesi;
  • potrà essere rinnovato, previa sospensione di un mese.

Inoltre, per i soggetti occupabili, coloro che hanno una età compresa tra i 18 e i 59 anni e non rientrano tra le categorie individuate come “fragili”, è prevista la decadenza dal beneficio nel caso di rifiuto di un’offerta di lavoro a tempo pieno o parziale, non inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno e con una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi e che sia, alternativamente:

  • tempo indeterminato, su tutto il territorio nazionale;
  • tempo determinato, anche in somministrazione, se il luogo di lavoro non dista oltre 80 km dal domicilio.

È stato istituito un nuovo supporto per la formazione al lavoro riguardante tutti i soggetti di età compresa tra i 18 e i 59 anni di età attivabili al lavoro e con un reddito familiare non superiore a 6.000 € annui.

Tale supporto è stato ideato per coloro che non presentano i requisiti necessari per poter accedere all’assegno di inclusione.

Per il periodo che va dal 1° luglio 2o23 al 31 dicembre 2023 è stato previsto un taglio del cuneo fiscale del 4%, attraverso l’esonero parziale dai contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti, in particolare:

  • reddito fino a 35.000 € si arriva al 6%;
  • reddito fino a 25.000 € si arriva al 7%.

L’art 40 del dl 48/2023 innalza anche per il 2023 la soglia dei fringe benefit. In particolare, i welfare aziendali saranno concessi nella soglia massima di 3.000 € ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, adottivi o affidati. Ricordiamo che i datori di lavoro possono decidere se concedere tali buoni o meno.

Al fine di sostenere l’occupazione giovanile, ai datori di lavoro è riconosciuto un incentivo a domanda nella misura del 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, volto alle nuove assunzioni, effettuate a decorrere dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023. I giovani dovranno godere delle seguenti condizioni:

  • alla data dell’assunzione non abbiano compiuto il 30° anno di età;
  • non lavorino e non stiano frequentando corsi di formazione o studi;
  • siano registrati al programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovani.

L’incentivo dovrà essere corrisposto dal datore di lavoro mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili e tale domanda dovrà essere trasmessa tramite la piattaforma INPS.

È prevista una riduzione delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali che potranno essere rimodulate non più da 10.000 €  a 50.000 € ma “da una volta e mezza a 4 volte  l’importo omesso”.

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