AgenPress – Per le violenze sulle due cuginette di dieci e dodici anni sono state eseguite dai carabinieri di Napoli due distinte ordinanze di misura cautelare nei confronti di 9 giovanissimi: 7 minorenni e 2 maggiorenni, emesse dal gip presso il Tribunale per i minorenni di Napoli e dal gip presso il Tribunale di Napoli Nord.
I maggiorenni sono finiti in carcere, sei minorenni in istituto penale minorile e uno in comunità. Il più piccolo tra i protagonisti di questa vicenda ha 14 anni e il più grande è un diciannovenne. All’interno del ‘branco’ anche il ragazzo di una delle due ragazzine abusate; secondo gli inquirenti, la costringeva ad avere rapporti sessuali con lui picchiandola con un bastone.
La vicenda è stata resa nota dopo le denunce presentate dal padre di una delle bambine e dalla madre dell’altra. Il racconto delle violenze ai carabinieri è avvenuto dopo che il fratello di una delle due ha ricevuto messaggi telefonici nei quali si raccontava che le minorenni era le protagoniste di alcuni video di contenuto sessuale. I genitori delle ragazzine hanno raccontato del timore di una possibile diffusione delle immagini che riproducevano gli abusi. Circostanza confermata anche dalle stesse vittime.
“Le violenze sessuali di gruppo” si sono verificate “innumerevoli nell’arco di soli due mesi”, tra giugno e luglio scorsi e sarebbero di sicuro proseguite se la madre di una delle due giovani vittime e il padre dell’altro non avessero dato il via all’inchiesta con le loro denunce. Gli stupri del branco sarebbero avvenuti tutti in un immobile abbandonato di Caivano, che le ragazzine definiscono ‘capanna’, in ‘vico dei tossici’.
In alcuni casi gli indagati sottraevano dalle mani delle vittime i loro cellulari per ricattarle, per costringerle ad avere rapporti sessuali in cambio della restituzione del telefono. Altre volte minacciavano di dire tutto ai loro genitori. Oltre agli stupri di gruppo vengono contestate agli indagati anche singoli episodi di violenza, nei quali le giovani vittime venivano minacciate in vario modo e poi costrette ad avere rapporti. Tra gli altri episodi, negli atti dell’inchiesta c’è anche un tentativo di stupro in un centro commerciale di Marcianise.
A luglio scorso, uno degli indagati provò a estorcere sesso alle due bambine minacciando di divulgare i video girati dal branco in una precedente occasione. Riuscirono a divincolarsi prendendolo a morsi su un braccio. Poi la svolta. “Io sono un tuo amico, girano video sporchi”: fu un messaggio proveniente da un profilo Instagram sconosciuto ad avvertire un cugino di una delle bambine che stava accadendo qualcosa di brutto. È riportato nella denuncia del 30 luglio che ha dato il via all’inchiesta che oggi ha portato agli arresti. Quella segnalazione, del resto, era vera: un video di circa un minuto e mezzo è stato infatti rinvenuto sul cellulare di due ragazzi: ritrae una bambina in atteggiamenti intimi con uno di loro, fu registrato a fine giugno. A metà dei due mesi in cui si è concentrato l’orrore.
Le parole del gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, del resto, sono inequivocabili. E descrivono alla perfezione modi e caratteristiche psicologiche dell’azione degli stupratori. Testuale: sono fatti “gravi e reiterati”, commessi con “brutale approfittamento” di vittime “deboli e in tenera età” e “con modalità subdole ai limiti della crudeltà”. Secondo il giudice del tribunale per i minorenni di Napoli, Umberto Lucarelli, i nove indagati sono “privi di scrupoli” e dalle personalità “assolutamente inquietanti”, tanto da esser “convinti di poter soggiogare ancora per chissà quanto tempo” le vittime, “certi che il senso di ‘vergogna’ loro inculcato, attraverso la minaccia di diffondere i video delle violenze o di ‘dirlo al padre’ avrebbe assicurato loro l’impunità”. Nel provvedimento, inoltre, il giudice ha sottolineato “la totale mancanza di pietà, la mortificazione imposta alla vittima” da parte di uno dei ragazzi, quando ha trasmesso in diretta, attraverso una videochiamata, uno dei rapporti sessuali subiti da una delle cuginette, mentre gli spettatori ridevano”. Alcuni dei sette ragazzi minorenni (uno da poco maggiorenne ma minore all’epoca dei fatti) hanno dei precedenti e uno anche una richiesta di rinvio a giudizio per lesioni aggravate. Le famiglie di quattro dei sette ragazzi, inoltre, “sono gravate da precedenti penali” per cui i “nuclei familiari non danno alcuna garanzia di vigilanza sui minori”. La misura del carcere emessa per sei dei sette indagati si basa sulla convinzione, da parte del gip, che in comunità quei ragazzi “rappresenterebbero fonte di pericolo per gli altri minori”.