AgenPress – “Nessuno ha avuto un cedimento a un sentimento di umana pietà verso l’orrore, lo strazio che è stato compiuto a questa ragazza”.
Lo ha detto il procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci nel corso della requisitoria del processo per l’omicidio di Saman Abbas.
“Nessuno dei protagonisti di questo processo, a cominciare dal padre, ha voluto degnare questa ragazza di una espressione di pietà, se non strumentale o capziosa”.
Il procuratore ha quindi parlato della necessità di una sentenza “che abbia un senso restitutorio dell’oltraggio alla vita che è stato compiuto con questo barbaro e brutale omicidio”.
La struttura della famiglia Abbas simile a quella di una ‘ndrina calabrese “da cui emerge la necessità di mantenere compatto il fronte familiare e parentale”. E questo, ha detto Paci “è esattamente quello che prima dell’omicidio la scelta determinata e testarda di Saman aveva cercato di mettere in crisi. E cioè l’autorevolezza di Shabbar, come membro di una famiglia potente, che possiede tanti terreni in Pakistan, che nel suo villaggio agita il kalashnikov e spara in aria”.
“Nel momento in cui il padre e la madre di Saman escono da casa con la ragazza, per l’ultima volta insieme, la madre ferma l’azione del padre e si porta lei da sola davanti alla strada ghiaiata, tenendo il padre fuori dal fuoco del telecamere”.
Nazia Shaheen, ha sottolineato il pm, in quel frangente “ferma il marito e va da sola con la figlia, con una impassibilità, una freddezza, una glacialità, una lucida malvagità che non ha eguali”. Quello è, ha aggiunto “l’ultimo momento in cui Saman viene vista in vita, lo sappiamo dagli accertamenti medico legale e archeologico forense”.