Sono vissuto da filosofo e muoio da cristiano ovvero Giacomo Casanova verso i 300 dalla nascita

- Advertisement -
- Advertisement -
AgenPress. Sono vissuto da filosofo e muoio da cristiano. È già di per sé una considerazione di estrema sintesi “epistemologica”. Riceve i sacramenti. Si tratta di conversione? Credo che non si è mai posto il problema vero della fede.
Giacomo Casanova (1725-1798) pronuncia queste parole proprio in punto di morte. Vissuto da uomo libero e il mondo ecclesiastico che non lo convince. Il fatto che scappa subito appena giunto in Calabria dove avrebbe condotto una vita monastica e quindi fuori dagli agi e della libertà non confessionale non significa che non fosse un credente. È una leggenda da sfatare. definito avventuriero?
Fu veramente tale? Perché tiene a sottolineare che ha vissuto da filosofo? Perché nella sua vita lo studio, la letteratura in modo particolare, era il principio e il fine. Tutte le donne di cui si parla? Probabilmente vero. Ma questo non lo allontana da un vissuto in cui il pensiero era punto di riferimento.
La sua amicizia con Carlo Goldoni lo pone al centro di un’epoca in cui il teatro è fatto di personaggi ma anche di innovazioni. Le innovazioni partano dal momento in cui si è già stabilito uno status quo di un abitare completamente il suo tempo.
Il fatto stesso che non accetta mai l’Illuminismo è una indicazione che lo porta chiaramente oltre Voltaire. Questo vuol dire molto. È sempre il sentimento che prevale. Quando Henriette scrive con un diamante sul vetro della finestra: dimenticherai anche Henriette per Casanova è un mondo che crolla.
Il mito della rivoluzione francese non è mai stato tale perché il “libertino”, il libertino di cui si parla, è la ricerca della libertà. Casanova di inserisce in un secolo che aveva già devastato la tradizione e tutto ciò che era connesso. La dolorante perdita di Henriette è la sconfitta dell’amore.
Non è un uomo vincente. È piuttosto un uomo in fuga che viene accusato anche di eresia. Non è Cagliostro. È altro perché ciò che cerca è l’eleganza e la bellezza della vita stessa. La sua filosofia consiste proprio nel porre come punto focale la bellezza. Ama per sensualità. Perché cerca la bellezza. Nelle città in cui è vissuto e ha attraversato ha incontrato donne di ogni ceto, ma da aristocratico, cercava il bello senza guardare al ceto. Il senso del bello comincia proprio a Venezia.
La città esteticamente rivoluzionaria per bellezza è la città che muore lentamente come sarà nello sguardo di Thomas Mann. La donna acqua o la donna laguna – mare è la donna, in fondo, che non incontrerà in altri luoghi. Restare lontano dalla sua città è come se trasgredisse la filosofia del bello. In ogni città cerca il vento umido della sua. Si inventa delle icone. Si inventa una vita parallela. Si inventa ciò che avrebbe voluto incontrare nella sua città.
Ma il tempo passa in fretta e tutto si sbriciola come la sua giovinezza. La solitudine sarà la sua consapevolezza della consolazione. Oltre ad oborrire la ragione come concetto filosofico si incammina lungo un emisfero tutto personale che è appunto la solitudine. Il terzo elemento filosofico è il viaggio. Come spazio reale nella fuga ma soprattutto come tempestoso segno della sua inquietudine. Tre concetti di un casanova certamente filosofo all’interno di un secolo non immaginato di immaginari bensì vissuto come uomo delle tempeste. Ovvero come uomo che trasforma la commedia in tragico.
D’altronde il suo Goldoni non è un teatro della commedia e del riso in una Venezia carnevalesca ma è un pensiero della maschera. Tutto ciò che è tragico ama la maschera.
Tutto ciò che ha la maschera accoglie il tragico dei personaggi. Da questo punto di vista la sua filosofia non può essere razionale nella ragione ma alchemica. L’alchimia è un pensare nel profondo. Quindi tutto ciò che è profondo niccianamente ama la maschera. Henriette è una storia dell’assenza. Cosa è l’assenza?
Scriverà nel quindicesimo capitolo delle sue Memorie: “La condizione in cui mi trovavo… mi umiliava … ma  tenevo questa pena per me … non avevo rinunciato a sperare nella fortuna, perché ero giovane e sapevo che questa volubile dea finisce sempre per dispensare i suoi favori alla giovinezza”. Con la perdita della giovinezza il tempo diventa drammaticamente tragico.
Il Casanova brillante girovago libertino rivela ironicamente il senso del tragico proprio nella sua frase che conclude una vita: “Gran Dio, e voi testimoni della mia morte, ho vissuto da filosofo e muoio da cristiano”.
Pierfranco Bruni 
- Advertisement -

Potrebbe Interessarti

- Advertisement -

Ultime Notizie

- Advertisement -