AgenPress. Il 5 giugno 2025, Giovanni Brusca, noto ex boss di Cosa Nostra soprannominato “il boia di Capaci”, è tornato ufficialmente un uomo libero. Dopo aver scontato 25 anni di carcere e quattro anni di libertà vigilata, Brusca ha concluso il suo percorso giudiziario.
Originario di San Giuseppe Jato, Brusca è stato uno dei più spietati esecutori della mafia siciliana. È tristemente noto per aver azionato il telecomando che, il 23 maggio 1992, fece esplodere l’autostrada nei pressi di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Responsabile di oltre 100 omicidi, tra cui quello del giovane Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a soli 15 anni, Brusca è stato arrestato nel 1996. Nel 2000 ha iniziato a collaborare con la giustizia, ottenendo una riduzione della pena.
Brusca è stato scarcerato nel maggio 2021, dopo aver scontato 25 anni di reclusione, e sottoposto a un regime di libertà vigilata per quattro anni. Durante questo periodo, ha vissuto in una località segreta, lontano dalla Sicilia, sotto falsa identità e protetto dal programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Con la conclusione della libertà vigilata a fine maggio 2025, Brusca è ora definitivamente libero.
La notizia della liberazione di Brusca ha suscitato forti reazioni nell’opinione pubblica e tra i familiari delle vittime. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ha espresso “dolore e amarezza”, sottolineando però che la legge che ha permesso la scarcerazione di Brusca è stata voluta proprio da suo fratello, nella convinzione che la collaborazione dei pentiti fosse uno strumento fondamentale nella lotta alla mafia.
Tina Montinaro, vedova del caposcorta Antonio Montinaro, ha dichiarato: “Questa non è giustizia”, esprimendo il sentimento di molte famiglie colpite dalla violenza mafiosa.
La liberazione di Giovanni Brusca riapre il dibattito sull’efficacia e l’etica della legislazione sui collaboratori di giustizia. Se da un lato la sua collaborazione ha contribuito a smantellare parte dell’organizzazione mafiosa, dall’altro la sua scarcerazione rappresenta una ferita ancora aperta per le vittime e per la società civile.
Brusca continuerà a vivere sotto protezione, lontano dalla Sicilia, ma la sua libertà solleva interrogativi profondi sul rapporto tra giustizia, memoria e perdono.